Cop 26 day by day – Lettere da Glasgow | Day 5

Alla Cop26 è la giornata dei giovani. E i giovani festeggiano a modo loro

di Antonio Cianciullo

La quinta giornata era stata dedicata dalla Cop26 ai giovani. Ma i giovani hanno provveduto diversamente ad attirare l’attenzione su di loro e sulle difficoltà del loro futuro. Lo spazio se lo sono preso fuori dallo Scottish Event Campus dove ogni mattina, superando l’imbuto dei controlli di identità e delle procedure anti covid, si accalcano 40 mila tra delegati, osservatori e giornalisti.

La manifestazione per lo sciopero del clima organizzata dai Fridays for Future, con Greta Thunberg e Vanessa Nakate, è iniziata al Kelvingrove Park di Glasgow. Migliaia di persone, prevalentemente giovani, si sono raccolte nei viali del parco. In testa al corteo ragazzi delle popolazioni dell’Amazzonia, con i copricapo tradizionali. Il principe Carlo, erede al trono britannico, ha deciso di non accettare l’invito a partecipare alla marcia, ma ha diffuso sui suoi profili social le immagini di un incontro avuto ieri sera con Vanessa Nakate.

Slogan e cartelli dimostrano che la lentezza del processo negoziale sul clima è vissuta come una violenza da chi sa di dover pagare il prezzo più alto per i ritardi. Perché se è vero che già oggi il costo della crisi climatica è alto (nel 2020 dieci milioni di bambini sono stati costretti ad abbandonare le loro case a causa della crisi climatica), quando i ragazzi che oggi sfilano a Glasgow arriveranno alla piena età lavorativa dovranno affrontare difficoltà molto maggiori.

Come dicono gli striscioni del corteo non c’è un Pianeta B. Eppure l’enorme volume di denaro che si sta dedicando all’ipotesi di creare piccole isole abitabili su Marte indica un deragliamento dell’attenzione verso scenari distopici. E’ vero che la corsa allo spazio è sempre servita ad affinare tecnologie che si sono rivelate preziose sulla Terra (a cominciare dal fotovoltaico). Ma è anche chiaro che, di fronte ai pericoli che si profilano, i giovani abitanti del Pianeta A, il nostro, chiedono che al primo posto ci sia la difesa degli ecosistemi che oggi proteggono 8 miliardi di persone e domani ne dovrebbero proteggere 10 miliardi.

La Cop26 è “un fallimento”, un “esercizio di pubbliche relazioni”, due settimane di “bla-bla” ha detto durante la manifestazione Greta Thunberg accusando i leader mondiali di non fare nulla. “Non possiamo risolvere una crisi con gli stessi metodi che l’hanno provocata. Non vogliamo impegni pieni di scappatoie”.

In realtà a tirarsi indietro non sono tanto i Paesi ricchi quanto quelli che lo stanno diventando o lo vogliono diventare. Dallo stop al carbone alla data delle emissioni nette zero Cina e India guidano il partito del rinvio. Eppure la cronaca si prende le sue rivincite. Ieri, venerdì, livelli di particolato fine rilevati da una stazione di monitoraggio dell’ambasciata Usa a Pechino hanno raggiunto quota 220, a fronte del limite di 15 raccomandato dall’Oms. Alle autorità di Pechino non è rimasto che ordinare l’interruzione nelle scuole delle attività di educazione fisica e delle attività all’aperto. Sono stati anche chiusi alcuni tratti autostradali.

E’ una crescita progressiva del costo sociale della crisi climatica che colpisce più duramente i Paesi che hanno avuto uno sviluppo industriale minore e dunque minori responsabilità. “La nostra consapevolezza del rischio era già forte alla Cop25 di Madrid, nel 2019, soprattutto a causa delle inondazioni che avevano colpito il Paese e la capitale Nairobi”, ha detto Kaluki Paul Mutuku, l’attivista kenyano co-fondatore del Kenya Environmental Activists Network. “Poi siamo stati colpiti dall’invasione di locuste, con gravissimi danni alle coltivazioni e alle rendite dei contadini, e dagli incendi: abbiamo toccato con mano le conseguenze della crisi climatica”.

Un trend che comincia a essere registrato con chiarezza anche alle conferenze sul clima. A Glasgow l’inviato Usa per il clima, John Kerry, ha detto che i Paesi più sviluppati consegneranno ‘nel 2022 cento miliardi di dollari’ in finanziamenti per la transizione ecologica e l’adattamento alle nazioni più povere, con un anticipo di un anno rispetto alle previsioni delle Nazioni Unite (ma con un ritardo di due anni rispetto agli impegni precedentemente assunti).

Tuttavia onorare l’impegno dei 100 miliardi non chiude la questione. La prossima settimana infatti si discuterà il capitolo loss and damage. I 100 miliardi sono per agevolare il passaggio verso la green economy, ma non risolvono il contenzioso sui danni subiti. Un tema su cui le cause legali stanno sfiorando quota 2 mila.

Resoconto tecnico

Nella giornata dedicata a loro i giovani si rappresentano da soli per le strade di Glasgow

di Toni Federico

Ci sono davvero due COP in corso. All’interno del vasto Centro conferenze, i delegati in giacca e cravatta fanno discorsi e negoziano un accordo sul clima. Dall’altra parte del fiume Clyde, gli attivisti e chiunque altro abbia una passione per l’azione per il clima ma nessun ruolo ufficiale, sta cercando di far sentire la propria voce. La COP 26 ha visto un numero senza precedenti di manifestanti e attivisti arrivare dalle prime linee della crisi climatica. Dice uno studente: “La gente va in strada perché non può andare alla COP, ma i leader non ci vedono. Non vedono il nostro lavoro”. Ciò non ha impedito al movimento giovanile per il clima di Greta Thunberg di ammassarsi oggi in 25.000 nel centro di Glasgow . Ma la più grande protesta finora della COP 26 è prevista per domani.

Nel giorno dedicato ai giovani Greta è incredibilmente per strada, lontana dalla COP. Tutti gli occhi sono puntati su di lei e al Centro Conferenze rimangono in pochi. Compare alla fine della giornata sul palco di George Square per dire: “Siamo stanchi di promesse vuote, di impegni per domani e non vincolanti, siamo stanchi di blablabla. La Cop sarà un fallimento. Non possono pensare di risolvere il problema utilizzando gli stessi metodi che ci hanno portato fin qui. I leader là dentro sanno esattamente quali valori stanno sacrificando per mandare avanti ii loro affari, lo sfruttamento della gente e della natura, i fantasiosi impegni e la mancanza di una drastica azione per il clima. Questa COP è il festival del greenwashing del mondo sviluppato. Inutile invocare nuove tecnologie che arriveranno chissà da dove. Occorre invece un cambiamento radicale delle nostre società“. Dice: “Questa COP è meno inclusiva di sempre, è una parata ambientale di facciata, il solito e bla bla bla”.

Allineata ai giudizi critici di Greta e degli attivisti, comunica Sky,  anche l’attrice inglese Emma Watson, da sempre molto attiva nelle battaglie civili e sociali. La star ha partecipato oggi con Thumberg e altri, al Climate Hub organizzato dal New York Times a Glasgow, un forum per discutere di strategie climatiche attuabili. Dice: “Dato che siamo così lontani da ciò di cui abbiano effettivamente bisogno, penso che sarebbe considerato un successo se le persone si rendessero conto di quanto sia un fallimento questa COP”. Lo scienziato del clima Myles Allen dell’Università di Oxford ha scritto una lettera aperta agli scioperanti della scuola, in cui ha affermato che loro “sembrano aver avuto un impatto maggiore sulla questione climatica negli ultimi due anni di quanto non sia riuscito a tutti noialtri nei tre precedenti decenni”. Allen sostiene che le società che rilasciano i gas serra dovrebbero essere obbligate a pagare per ripulirlo. Questa, dice, dovrebbe essere la richiesta chiave dei manifestanti. Forzare i potenti inquinatori a pagare sarebbe,  di tutte, probabilmente la più grande sfida politica.

Dentro il campus. Mentre migliaia di giovani manifestanti scendevano per le strade di Glasgow per chiedere giustizia climatica, le voci dei giovani si sentivano anche all’interno della sede del vertice. Una decisione della presidenza della COP 26 ha stabilito che le opinioni di oltre 40.000 giovani leader del clima devono essere ascoltate da ministri, negoziatori e funzionari. Il presidente della COP Alok Sharma esorta i ministri a considerare le priorità dei giovani nei negoziati della COP e nelle azioni nazionali per il clima. La presidenza ha anche annunciato un’iniziativa di 23 paesi per prendere impegni nazionali in materia di educazione al clima, comprese le scuole net-zero e mettere il clima al centro dei curricula scolastici nazionali.

Oggi, la COP 26 si è concentrata su Youth and Public Empowerment, in collaborazione con YOUNGO (l’Ente dei bambini e dei giovani della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) e altri partner giovanili. Nel tentativo di garantire una piattaforma in cui le voci dei giovani possano interagire con i decisori, oggi mirava a dimostrare il ruolo di responsabilizzare ed educazione del pubblico a guidare le azioni per il clima. Gli eventi chiave si sono così articolati:

  • Unificare per il cambiamento: la voce dei giovani globali alla COP 26 – YOUNGO presenta la dichiarazione dei giovani delle loro Conferenze giovanili locali, virtuali e globali, mostrando la posizione globale dei giovani, le proprie azioni per il clima e i loro appelli all’azione da parte dei leader globali;
  • Il ruolo dei parlamenti nelle politiche per il clima e la natura. Questo evento ha toccato il ruolo dei legislatori nel vagliare e rispettare gli impegni nazionali in materia di clima e una più ampia politica in materia di clima e natura. L’evento ha fornito un forum per i parlamentari per offrire le migliori pratiche sulla promozione della responsabilità per la politica del governo e lo sviluppo di un più ampio impegno pubblico;
  • Nel pomeriggio, alle 16 si è tenuto l’incontro dei ministri dell’Istruzione, al quale ha partecipato anche il ministro italiano Patrizio Bianchi; 
  • Youth4Climate alla COP 26. Il Ministro italiano per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, e il Presidente designato della COP26, Alok Sharma, hanno fatto i facilitatori in una discussione sui risultati del summit Youth4Climate: Guidare l’ambizione tenutosi a Milano questo settembre. l’Italia intende rendere stabile questo appuntamento.

Sono iniziati oggi anche due giorni di eventi riguardanti la natura e l’uso del suolo, incentrati su come una serie di parti interessate può guidare la transizione verso una gestione più sostenibile della terra e degli oceani e su come riformare il sistema alimentare e agricolo. Gli eventi chiave includeranno:

  • Una tavola rotonda sulla finanza blu della UK e Ocean Risk and Resilience Action Alliance (ORRAA). Questo evento riunirà i leader del governo, delle imprese e della società civile per identificare gli impegni necessari per mobilitare i finanziamenti per sostenere soluzioni pronte all’investimento e basate sulla natura per creare soluzioni positive e risultati tangibili per le comunità e il pianeta.
  • Un invito all’azione oceanica: verso la salute e la resilienza degli oceani. Questo evento si concentrerà sull’importanza di un’azione urgente per il clima per la salute dell’oceano e cercherà il sostegno globale per la protezione di almeno il 30% dell’oceano globale entro il 2030, oltre a mobilitare risorse finanziarie per farlo.

Il negoziato. I negoziatori hanno continuato a cercare di risolvere le questioni chiave prima delle plenarie di chiusura degli organi sussidiari di sabato 6 novembre. Finora, le regole specifiche per l’articolo 6 dell’accordo di Parigi del 2015, cioè sul mercato del carbonio, sono uno degli ultimi argomenti di negoziazione che rimangono irrisolti. Oggi è circolata una bozza di testo che consente ai paesi di conteggiare i crediti di carbonio verso i loro obiettivi di emissione  e che potrebbe correggere i difetti dei mercati del carbonio che finora sono stati ampiamente inefficaci, o confinarli definitivamente al greenwashing. Un punto critico è il linguaggio che dice che gli acquirenti di crediti di carbonio dovrebbero ricevere meno crediti di quelli che acquistano, come modo per promuovere reali riduzioni complessive delle emissioni. Nella bozza, il controverso volume di crediti inutilizzabili varia dal 2% al 30% del volume scambiato, con i paesi in via di sviluppo che si battono per la fascia più alta. Una seconda proposta devia una parte di ogni transazione del mercato del carbonio in un fondo per l’adattamento nei paesi in via di sviluppo, noto come share-of-proceeds. Gli Stati Uniti e altri paesi ricchi vogliono escludere alcuni scambi da questa tassa. Sono in gioco miliardi di dollari. Il capo negoziatore per il Ruanda, ha dichiarato che gli sviluppatori di progetti climatici nel suo paese chiedono a gran voce una risoluzione all’articolo 6, in modo che possano iniziare a vendere crediti all’estero da energie rinnovabili, fornelli puliti, conservazione delle foreste e altri progetti di riduzione delle emissioni.  I negoziatori non sono riusciti a concordare le regole dell’articolo 6 nelle ultime quattro COP, quindi non c’è alcuna garanzia che avranno successo questa volta.

Per le trattative sulla finanza ci sono state ampie discussioni, mattina e pomeriggio, sul nuovo obiettivo collettivo post-2020 da quantificare sui finanziamenti per il clima. Si tratta di un nuovo punto all’ordine del giorno e le  parti avanzano le loro prime proposte. L’obiettivo a Glasgow non è stabilire un numero specifico, ma stabilire un processo affinché i paesi apprendano, riflettano e i paesi sviluppati, e coloro che sono in grado e disposti a farlo, decidano quanto finanziare e quanto forniranno e mobiliteranno.

L’adattamento è stato il secondo grande cluster della giornata. Le discussioni hanno incluso come sviluppare e implementare processi di pianificazione nazionale per costruire la resilienza e ridurre la vulnerabilità agli effetti del cambiamento climatico. Molti paesi in via di sviluppo sono colpiti in modo sproporzionato, in contrasto con il loro basso contributo alle emissioni globali, per effetto dell’elevata vulnerabilità agli impatti climatici negativi. Molti dei punti all’ordine del giorno riguardano il sostegno ai paesi in via di sviluppo nei loro sforzi. Questa settimana, il l’UNEP ha pubblicato l’ultima edizione del suo Adaptation Gap Report, che esamina quanto viene speso per l’adattamento e quanto è effettivamente necessario. Il rapporto stima che il costo annuale dell’adattamento sarà di 140 – 300 miliardi di dollari entro il 2030 e di 280 – 500 miliardi di dollari entro il 2050. Nel frattempo, i paesi sviluppati non sono nemmeno riusciti a mantenere la promessa di fornire 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. Chiaramente c’è  una lunga strada da percorrere. Poiché è già stato rilasciato così tanto gas serra, il mondo ne risentirà gli impatti nei secoli a venire, specialmente sotto forma di innalzamento del livello del mare, che è lento ma inesorabile. Di conseguenza, fermare tutte le nostre emissioni di gas serra è solo metà della battaglia, per quanto monumentale sia la sfida. È anche essenziale aiutare le persone più vulnerabili del mondo a trovare modi resilienti di vivere, che si tratti di coltivare colture diverse in grado di far fronte alla siccità o di costruire rifugi per i cicloni. Finora, la COP 26 si sta rivelando molto attiva e propositiva quando si tratta di ridurre le emissioni. Ma è stato fatto ben poco per aiutare le persone ad adattarsi al mondo che cambia.

Perdite e danni si riferiscono a effetti permanenti e dannosi del cambiamento climatico, sia attraverso eventi a rapida insorgenza, come gli eventi meteorologici estremi, o eventi a lenta insorgenza, come l’innalzamento del livello del mare. Poiché i paesi subiscono sempre più questi effetti duraturi, dalla perdita di attività economica a vite perse, le richieste di includere perdite e danni sono state dibattute nele sale di negoziazione, dalla finanza alla trasparenza. Sotto il punto dell’ordine del giorno dedicato alle perdite e ai danni, i negoziati hanno coinvolto il tentativo di capire come riunire le diverse comunità di azione che lavorano sulla riduzione del rischio di catastrofi o sull’agricoltura, per fare due esempi, per sostenere i paesi in via di sviluppo.

Intorno alla sede dei negoziati c’è stata una serie completa di eventi della Presidenza per considerare il ruolo dei giovani e anche per fare il punto sugli impegni assunti finora da paesi e imprese. Le NGO giovanili sono state protagoniste di un evento intitolato Unifying for Change: The Global Youth Voice at COP 26. È stata un’occasione per rendere nota la Dichiarazione della 16° Conferenza dei Giovani, tenutasi poco prima dell’inizio della COP 26 in Glasgow. Firmato da oltre 40.000 rappresentanti dei giovani, con il contributo di 2.000 organizzazioni di 130 paesi, il messaggio principale della dichiarazione è che i giovani devono essere inclusi in modo significativo e attivo nei processi decisionali per salvaguardare il loro futuro. L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore ha aperto un evento intitolato Destination 2030: Making 1.5 °C a Reality convocato dagli stakeholder di alto livello del clima  con un forte avvertimento: ha proclamato che stiamo entrando in un’era di trasparenza radicale, in cui qualsiasi discrepanza tra impegni e azioni scatenerebbe un’ondata di pressione per la responsabilità e l’azione per il clima. Lord Adair Turner, dello Energy Transition Council, ha presentato le prime stime degli impegni assunti alla COP 26 da paesi e aziende. Elaborando i numeri,  ha sottolineato che, se questi impegni saranno pienamente realizzati, porterebbero a una riduzione di nove delle 22 GtCO2eq, necessarie per tenere in vista gli  1,5 °C.

Gli altri eventi di oggi:

  • Eventi della Global Climate Action Agenda su giovani, acqua e oceano;
  • Evento di alto livello sui bisogni dei paesi in via di sviluppo;
  • Una presentazione di Al Gore: il pericolo in cui ci troviamo e le ragioni della speranza;
  • Il ruolo dei parlamenti nelle politiche per il clima e la natura;
  • Il potere dell’impegno pubblico per sfruttare l’azione per il clima: storie e lezioni di responsabilizzazione da tutto il mondo.

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