14 Maggio 2020
Ripresa economica: i pacchetti di stimolo fiscale green sono più vantaggiosi anche per l’economia e l’occupazione
Risollevare le economie piegate dal Covid-19 con politiche che riducono le emissioni di gas a effetto serra, non solo rallenta il riscaldamento globale ma è vantaggioso dal punto di vista economico: crea più posti di lavoro, offremaggiori rendimenti nel breve termine per ogni dollaro speso e consente maggiori risparmi sul lungo termine, rispetto agli stimoli fiscali tradizionali.
A dirlo è uno studio dell’Università di Oxford, svolto da un team di esperti di fama internazionale, tra cui il premio Nobel Joseph Stiglitz e l’economista del clima Lord Nicholas Stern della London School of economics, che ha analizzato l’efficacia in termini di ripresa economica e occupazionale di pacchetti di stimolo con effetti positivi sul clima e l’ambiente, in relazione ai piani di recupero che verranno messi in campo per promuovere la ripresa economica dopo la pandemia.
La prima parte dello studio analizza gli impatti dell’attuale pandemia, citando le stime della IEA che prevedono un crollo delle emissioni di gas serra nel 2020 dell’8%, il doppio del calo medio annuo registrato dalla seconda guerra mondiale, tanto per citare un dato di confronto. Ma gli autori sottolineano come questo crollo senza precedenti non sia in realtà molto lontano dal taglio medio annuo che dovremmo perseguire secondo le stime dell’UNEP, il 7,6%, da qui al 2030 per centrare l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C. Questo dà la misura dell’impegno enorme che dovremo mettere in campo nei prossimi anni per affrontare la crisi climatica e della profondità dei cambiamenti che dovranno avvenire. I pacchetti di stimolo per la ripresa che verranno definiti nei prossimi mesi ridisegneranno, secondo gli autori, l’assetto dell’economia globale sul lungo termine e i suoi effetti sul clima, incidendo in modo determinante sul benessere delle future generazioni.
Una prima analisi ha riguardato le misure di emergenza messe in campo ad aprile 2020 dai Paesi del G20. Si tratta in gran parte di misure emergenziali di salvataggio, con pochissime misure per la ripresa, per una spesa totale di oltre 7 mila miliardi di US$. Secondo gli autori solo il 4% di queste politiche e misure possono essere considerate green, mentre il 92% non fa che mantenere lo status quo e il rimanente 4% avrebbe addirittura degli effetti peggiorativi in termini di emissioni serra.
Lo studio ha analizzato 196 misure di stimolo fiscale messe in campo dopo la grande crisi finanziaria del 2008: di queste circa un terzo sono state classificate come green, il 60% sono state considerate neutre dal punto di vista climatico e la parte rimanente come dannose per il clima. Dall’analisi svolta è emerso che gli interventi green hanno prodotto spesso numerosi vantaggi, anche in termini di ripresa economica, rispetto a interventi tradizionali. Come ad esempio gli interventi a favore delle fonti rinnovabili, che producono una ripresa più veloce sul breve termine con impatti migliori anche sul medio e lungo termine. Già nel breve termine, la costruzione di infrastrutture per l’energia pulita richiede molta manodopera, creando il doppio dei posti di lavoro per dollaro rispetto agli investimenti nei combustibili fossili, oltre ad essere meno suscettibile alla delocalizzazione. Ogni milione di dollari di spesa genera 7,49 posti di lavoro a tempo pieno nelle infrastrutture per le energie rinnovabili, 7,72 nell’efficienza energetica, solo 2,65 nei combustibili fossili.
Gli autori hanno condotto anche un’indagine che ha coinvolto oltre 230 esperti, analizzando oltre 700 politiche di stimolo fiscale implementate o proposte dal 2008 a oggi nei Paesi del G20 e valutandole in funzione di tre criteri principali: la rapidità di implementazione, il moltiplicatore economico di lungo termine e gli impatti sul clima. Al termine dell’indagine sono state individuate cinque aree di intervento con potenziali particolarmente elevati: investimenti nelle infrastrutture verdi pulite (come impianti da energie rinnovabili, sistemi di accumulo etc.); nella riqualificazione degli edifici; nell’educazione e formazione; nel capitale naturale per la rigenerazione e la resilienza degli ecosistemi; nella ricerca e sviluppo “verdi”.
Il lavoro contiene anche altre indicazioni interessanti. Mette in guardia, ad esempio, da misure fortemente orientate al sostegno del consumo che potrebbero peggiorare la disparità intergenerazionale, mentre spinge verso il sostegno a investimenti produttivi ovviamente orientati alla sostenibilità. Tra le misure che potrebbero essere utilmente implementate, si cita anche l’introduzione di meccanismi progressivi di tassazione del carbonio. Lo studio evidenzia, infine, come anche alcuni cambiamenti comportamentali indotti dal lockdown, se sostenuti da politiche adeguate, potrebbero sedimentarsi ed avere effetti positivi anche sul medio e lungo termine. A titolo di esempio si cita la stima che un terzo della forza lavoro mondiale possa mantenere anche dopo la ripresa modalità di smart working part time. Per questo sarebbero opportune, ad esempio, politiche di sostegno al telelavoro, ma anche di adeguamento delle reti e della connettività, così come dell’efficientamento energetico degli edifici residenziali.