23 Ottobre 2024

Acidificazione degli oceani e crisi climatica

Gli oceani coprono il 70% della superficie del nostro pianeta, sono stati il luogo dove si è sviluppata la vita come la conosciamo e il punto di partenza dell’evoluzione delle specie. Non a caso ospitano alcuni tra i maggiori hotspot di biodiversità della Terra: le barriere coralline, che contengono quasi il 30% delle specie marine occupando solo lo 0,2% dei fondali marini. Inoltre, producono il 50% dell’ossigeno globale, danno nutrimento a 3 più di miliardi di persone e generano il 60% del prodotto interno lordo globale. Servono altri motivi per prendersene cura?

Il cambiamento climatico indotto dall’uomo ha portato a grandi alterazioni agli ecosistemi di mari e oceani. Tra le conseguenze più note ci sono l’innalzamento del livello medio (dovuto allo scioglimento dei ghiacci artici) e il riscaldamento dei mari, che, tra le altre cose, ha favorito la diffusione di specie marine tropicali nel Mediterraneo con impatti negativi sulla biodiversità.

Tuttavia, queste non sono le uniche conseguenze. Infatti, buona parte delle grandi quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera attraverso la combustione delle riserve fossili vengono assorbite dagli oceani con un duplice effetto.

Da un lato, l’assorbimento della CO2 da parte degli oceani ci permette di “rallentare” il riscaldamento dovuto all’effetto serra perché rimuove anidride carbonica dall’atmosfera. Nel quinto Assessment Report dell’’IPCC, si è stimato che gli oceani abbiano assorbito circa un terzo di tutta l’anidride carbonica emessa dall’uomo dalla rivoluzione industriale ad oggi, evitandone così l’accumulo in atmosfera, e il 93% del calore extra dovuto all’aggravamento dell’effetto serra.

L’altra faccia della medaglia riguarda il destino della CO2 una volta disciolta negli oceani. Questa, infatti, va incontro a una trasformazione chimica reagendo con l’acqua che libera ioni idrogeno e che quindi altera l’equilibrio degli ecosistemi marini rendendoli più acidi. Si parla quindi di “acidificazione degli oceani”, cioè il fenomeno dell’aumento dell’acidità degli oceani, dovuto proprio all’assorbimento della CO2 atmosferica di origine antropogenica. Si stima che questo fenomeno abbia prodotto un aumento dell’acidità, tra il 30 e il 40%.

In un ambiente più acido, i coralli faticano a costruire i loro scheletri, mettendo a rischio le preziosissime barriere coralline e, allo stesso modo, molluschi, crostacei e altri organismi stentano a costruire i loro gusci. Molti di questi organismi, oltre a produrre ossigeno, sono alla base delle reti alimentari marine, e quindi mettono a rischio tutte le specie che si nutrono di essi, compreso l’uomo. Purtroppo, non abbiamo ancora un quadro conoscitivo completo ed affidabile dello stato attuale delle barriere coralline: i principali studi in materia stimano che oggi potremmo aver perduto dal 20 al 50% delle barriere coralline. Non bisogna poi dimenticare che, un mare più acido fatica ad assorbire altra anidride carbonica, riducendo anche la sua capacità di mitigare il riscaldamento globale.

Il Postdam Institute for Climate Impact Research monitora lo status dell’acidificazione degli oceani e altri otto fenomeni cruciali per la salute del pianeta. Per ciascuno di essi definiscono delle soglie di allerta (che loro definiscono “limiti planetari”) che non dobbiamo superare per garantire la vita di tutti gli organismi sulla Terra. Sei soglie di allerta sono già state superate per sei rispettivi fenomeni (ad esempio per il consumo di suolo e per la quantità di CO2 in atmosfera), mentre per l’acidificazione degli oceani siamo ancora all’interno della “zona di sicurezza”. Tuttavia, il loro studio, pubblicato a settembre 2024 lancia un grido di allarme, perché mostra che ci stiamo pericolosamente avvicinando alla soglia di sicurezza. Secondo l’analisi dell’IPCC, contenuta nello special report dedicato agli oceani, un aumento della temperatura di 1,5 °C rispetto al periodo pre-industriale entro questo secolo potrebbe portare alla perdita del 70-90% delle barriere coralline, mentre un aumento di 2 °C alla loro totale possibile scomparsa.

A maggior ragione, occorre chiudere il rubinetto della CO2, ritenuta la principale causa del fenomeno dell’acidificazione degli oceani, e decarbonizzare la nostra economia prima che gli oceani diventino un posto inospitale, mettendo a rischio la vita nei mari e sulla terraferma.

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