17 Novembre 2022
COP27 COP of Coffee | Bollettino numeroquattro
Lula dà la carica: “Nel 2025 la Cop in Amazzonia”
di Antonio Cianciullo
L’energia, il ruolo della società civile, la biodiversità. Avviandosi verso le conclusioni, la Cop27 snocciola questi temi come centro delle ultime due giornate. Di fatto è un doppio percorso. Il calendario ufficiale segue gli argomenti e ognuno di loro ha forza, numeri, racconto, ma resta sospeso dal punto di vista dell’attuazione perchè tutto dipende dall’esito della trattativa finale. Il calendario ufficioso invece è il countdown che ci accompagna verso la conclusione di queste due settimane. Procediamo con ordine.
Biodiversità: l’Europa è messa male
L’Europa distrugge la sua biodiversità soprattutto a causa degli allevamenti intensivi e dell’eccessivo sfruttamento delle foreste, spesso per ottenere prodotti di breve durata come cartone e legna da ardere. L’accusa viene da un rapporto di Greenpeace, Failing Nature. How life and biodiversity are destroyed in Europe, pubblicato ieri, in occasione della giornata dedicata dalla COP27 alla biodiversità. La pubblicazione dei casi di studio di Greenpeace riguarda 13 Paesi (Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria) e spazia dall’agricoltura intensiva (proprio il caso italiano mostra il pesante impatto sulle api) alla pesca, dal disboscamento a progetti infrastrutturali.
A quanti anni di carbone siamo condannati?
Ocse e Unione europea sono sulla buona strada per chiudere oltre il 75% delle centrali a carbone tra il 2010 al 2030. E in un rapporto sul carbone l’IEA ha chiesto un’azione politica immediata per accelerare lo spegnimento delle circa 9.000 centrali elettriche a carbone sparse in tutto il mondo. Se gli attuali impegni nazionali sul clima fossero rispettati, la produzione di queste centrali dovrebbe diminuire di circa un terzo tra il 2021 e il 2030, con il 75% sostituito da solare ed eolico. Per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050 e limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, il consumo di carbone deve diminuire del 90%. L’invasione russa dell’Ucraina ha però rallentato il processo.
Lula dà la carica
Dal punto di vista della trattativa generale, invece, cominciano a circolare le prime versioni del draft finale, troppo embrionali per dar loro peso. Il peso invece lo hanno avuto alcuni interventi. Ad esempio quello di Lula, appena eletto per la terza volta alla presidenza del Brasile. “Siamo venuti alla Cop27 per parlare con il segretario generale delle Nazioni Unite e chiedergli che il summit del 2025 si svolga in Brasile e in particolare in Amazzonia, nello Stato di Amazonas o nello Stato di Parà”, ha detto Lula nel suo primo discorso alla Cop di Sharm el Sheikh. “Mi sembra molto importante che sia fatto in Amazzonia, che le persone che difendono il clima conoscano l’Amazzonia”. In pochi minuti Lula ha cambiato di 180 gradi la posizione del Brasile in termini ambientali e di protezione delle foreste: un cambio di passo che può avere riflessi più generali sulla conclusione della conferenza.
Chi paga il conto?
Il capitolo chiamato loss and damage è il più delicato. Ed è molto difficile che si arrivi a un accordo. Ma si potrebbe evitare una rottura lasciando la porta aperta a future mediazioni. Il contrasto per ora è netto. Da una parte i Paesi poveri, che chiedono i danni per i due secoli di industrializzazione che hanno prodotto il livello attuale di crisi climatica: loro hanno emesso di meno e sono colpiti di più. Dall’altra i Paesi industrializzati, disponibili a discutere di global shield, uno scudo assicurativo contro gli eventi estremi. Proposta però difficile da mettere in pratica: chi assicura una costa che viene allagata dagli uragani un anno sì e un anno no? Ci sono ormai aree del mondo in cui il danno non è una vaga probabilità, ma una certezza se si prende in considerazione un arco di anni molto ristretto.
Sul tema è intervenuto a Sharm el Sheikh anche il miniostro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin: “La posizione dovrà essere trovata su qualche meccanismo di mediazione. La trattativa è aperta, vedremo nei prossimi giorni”. L’Italia comunque – ha aggiunto – propende per il global shield.
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Leggi anche l’approfondimento a cura di Toni Federico, del Comitato tecnico-scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
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