22 Giugno 2021
Dal 2014 le rinnovabili in Italia non crescono più, bloccate oggi dalla burocrazia: gli obiettivi 2030 sono a rischio
di Chiara Montanini
È ormai dal 2014 che le fonti rinnovabili hanno rallentato bruscamente la loro corsa in Italia. Il quadro che emerge dall’analisi degli ultimi bandi di incentivazione delle rinnovabili elettriche è chiaro: se non si interviene rapidamente, gli obiettivi 2030 saranno inevitabilmente compromessi.
Nel luglio del 2019, il Ministero per lo sviluppo economico ha emanato il cd. DM FER, un decreto di incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche più mature (eolico, fotovoltaico, idroelettrico e da gas di depurazione). Lo schema di incentivazione prevede un sostegno economico per l’installazione di 8 GW di nuovi impianti rinnovabili (di cui oltre 6 GW dedicati ad eolico e fotovoltaico) da assegnare attraverso una serie di bandi a partire da settembre 2019 fino a settembre 2021. Sebbene i 4 GW di nuova potenza installata ogni anno che questo dispositivo potrebbe attivare siano ancora pochi rispetto agli oltre 7 GW che, secondo la Roadmap di Italy for Climate, dovremmo realizzare per raggiungere gli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi, le prospettive per il rilancio del settore apparivano comunque positive, proprio alla luce della stagnazione registrata negli ultimi anni.
Purtroppo però l’esito dei bandi finora pubblicati è stato estremamente deludente: ad oggi solo il 29% della nuova potenza incentivabile è stata effettivamente allocata. Nello specifico, nei cinque bandi finora conclusi (sui 7 totali previsti dal decreto), sono stati allocati solo 1,7 GW, di cui 600 MW nei registri (cioè per impianti inferiori ad 1 MW). È in particolare il trend delle aste, cioè relativo ai grandi impianti superiori a 1 MW, a destare preoccupazione: se nel primo bando il contingente disponibile era stato quasi saturato e gli impianti allocati (512 MW) hanno raggiunto il 92% della potenza disponibile, nei bandi successivi la quota ha continuato a ridursi drasticamente raggiungendo un picco del 5% nell’ultimo bando, il quinto, con soli 98 MW allocati.
I registri stanno invece segnalando, bando dopo bando, una crescita moderata, ma il loro peso sul totale della potenza incentivata resta limitato e incapace di invertire il trend complessivo: se nel primo bando erano state allocati, fra aste e registri, circa 590 MW, nell’ultimo bando la potenza totale si è praticamente dimezzata scendendo a 300 MW.
La pandemia da Covid-19 ha certamente avuto un ruolo in questo brusco rallentamento, ma non è di natura economica il motivo della perdurante stagnazione della crescita delle rinnovabili nel settore elettrico. Sono infatti, secondo gli esperti e le associazioni di categoria, le complessità burocratiche e le durate eccessive degli iter autorizzativi a frenare, e in molti casi bloccare, i progetti di nuovi impianti da fonti rinnovabili. La molteplicità delle istituzioni coinvolte e la mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento genera un sistema farraginoso, complesso e stratificato, nel quale manca un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo, generando anche numerosi contenziosi e dinieghi per la realizzazione degli impianti. In quest’ottica, alcune misure introdotte dal DL Semplificazioni (in vigore da luglio 2021) vanno nella giusta direzione, ma a detta degli operatori del settore appaiono ancora insufficienti per invertire significativamente il trend.
Ed è proprio per affrontare il tema delle lungaggini burocratiche e dei rallentamenti autorizzativi che Elettricità Futura ha promosso lo studio “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti” (la cui sintesi è consultabile a questo link). Oltre ad analizzare la configurazione attuale del sistema di permitting, evidenziandone le criticità e quantificandone i costi, lo studio avanza una serie di proposte di intervento articolate in tre categorie: le procedure autorizzative, la governance e le istituzioni, il rapporto col territorio.
Con riferimento alle procedure autorizzative, fra le proposte avanzate si possono citare: ìrendere perentori tutti i termini già previsti, prevedendo l’esito positivo di tutti i procedimenti una volta decorsi i termini (silenzio-assenso); la digitalizzazione e tracciabilità di tutta le procedure; l’introduzione di un “fast track” autorizzativa per le opere riconosciute come strategiche in base agli obiettivi del Pniec e del Pnrr. Riguardo alla Governance e alle istituzioni, le imprese del settore chiedono, fra le altre cose, una maggiore uniformità e coordinamento dell’iter autorizzativo e della pianificazione in tema di energia a livello regionale; a tale scopo, però, sarà necessario adeguare la formazione, l’aggiornamento e le risorse umane della PA a livello locale. Infine per l’aspetto di rapporto col territorio, fra le principali proposte di intervento vi è la predisposizione di un piano vincolante di “burden sharing” degli obiettivi nazionali sulle rinnovabili elettriche, in grado di responsabilizzare i territori anche grazie ad un sistema di premi-penalità in funzione dell’impegno e degli obiettivi raggiunti da ciascuna regione.