9 Febbraio 2021

Dall’Europarlamento primo sì alla carbon tax per tassare le importazioni ad alte emissioni

Primi passi verso una carbon border tax europea. La Commissione ambiente del Parlamento europeo a larga maggioranza (58 voti a favore, 8 contrari e 10 astensioni) ha adottato, infatti, una risoluzione per istituire questa tassa sulle emissioni di carbonio contenute nei prodotti importati nell’Unione Europea.

La misura introduce una tassa sui beni importati in funzione della loro intensità di carbonio, ovvero delle emissioni di carbonio “incorporate” nei beni, a causa di filiere produttive più inquinanti che operano in Paesi meno attenti al tema climatico. Si tratta del Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), uno degli strumenti climatici proposti dal Green Deal europeo per spingere una maggiore ambizione climatica globale e al contempo tutelare la competitività interna dell’Unione.

Secondo i deputati europei, infatti, si rende necessario uno strumento fiscale di aggiustamento dei prezzi alla frontiera per tutelare la competitività delle imprese europee, le quali sono sottoposte ad una più rigida normativa comunitaria sulle emissioni, che prevenga al contempo il rischio di rilocalizzazione delle attività produttive verso Paesi in cui le norme sono meno rigide (il carbon leakage, cioè la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio). Lo strumento costituirebbe dunque un incentivo, sia per le industrie dell’UE che per quelle extra UE, a perseguire la strada della decarbonizzazione in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Secondo la risoluzione si dovrebbe partire già nel 2023 con quei prodotti di settori industriali attualmente coperti dal meccanismo UE di emission trading (cioè il settore energetico e i settori industriali ad alta intensità energetica come cemento, acciaio, alluminio, raffineria di petrolio, carta, vetro, prodotti chimici, fertilizzanti). La risoluzione evidenzia, però, che il CBAM non dovrà essere utilizzato impropriamente per promuovere il protezionismo.

“Il meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere è un’enorme opportunità per conciliare clima, territori, industria, occupazione, resilienza, sovranità e delocalizzazione – dice il relatore Yannick Jadot (Verdi/ALE) – si tratta di un importante test politico e democratico per l’Unione europea, che deve porre fine a una certa ingenuità e imporre lo stesso prezzo del carbonio ai prodotti, siano essi prodotti all’interno o all’esterno dell’UE, per garantire che anche i settori più inquinanti prendano parte alla lotta al cambiamento climatico”

I prossimi passi per l’introduzione di questa misura di fiscalità ambientale, prevedono un voto sulla risoluzione nella plenaria del Parlamento europeo nella sessione dell’8-11 marzo 2021, mentre la Commissione dovrebbe presentare una proposta nel secondo trimestre del 2021. Ma già si sono alzata voci contrarie da partner commerciali dell’Ue come Cina, Russia ed India.

La carbon border tax è una delle misure di fiscalità ambientale proposte dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da Italy for Climate. Agli Stati generali della green economy 2020 era anche inserita tra le proposte del Consiglio nazionale della Green economy per il piano italiano di utilizzo dei fondi di Next Generation EU.

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