6 Marzo 2023

Emissioni dell’agricoltura, la metà provengono dagli allevamenti

Le emissioni di gas serra prodotte dal settore dell’agricoltura in Italia ammontano a circa 40 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, circa il 10% del totale e, diversamente dagli altri settori, sono prevalentemente emissioni di origine non energetica, ossia che non derivano dall’utilizzo di combustibili fossili.

Quasi 20 MtCO2eq, ovvero la metà delle emissioni di tutto il settore, sono connesse alle attività di allevamento di bestiame. Si tratta, in particolare, di emissioni di metano, un gas serra oltre venti volte più potente dall’anidride carbonica, di cui il settore agricolo è la prima fonte in Italia. Le emissioni connesse agli allevamenti sono di due tipi: quelle originate dalla digestione enterica degli animali (circa 13,5 MtCO2eq) e quelle derivanti dalla gestione delle loro deiezioni (6,2 MtCO2eq). Ma gli allevamenti non sono tutti uguali e, soprattutto, specie diverse contribuiscono in modo diverso al cambiamento climatico.

Ad esempio, le emissioni di metano rilasciate in atmosfera dalla digestione enterica degli animali, la prima voce del settore, provengono quasi per l’80% da allevamenti di bovini, in egual misura sia da latte che da macello e riproduzione.

Questa forte preponderanza non dipende tanto dal numero di capi, quanto piuttosto dalle elevate emissioni specifiche, ossia la quantità di metano prodotta in un anno da un singolo capo di bestiame: nel 2020, ad esempio, una mucca da latte è stata responsabile in media dell’emissione in atmosfera di oltre 135 kg di metano contro, ad esempio, i 18 kg di un cavallo, i 7,5 kg di una pecora o l’1,5 kg di un maiale. È interessante anche notare come, nel corso di circa un trentennio, le emissioni associate ad una singola mucca da latte siano aumentate di più del 20% ma anche come, nello stesso lasso di tempo, il latte prodotto da un singolo capo sia più che raddoppiato.

In definitiva, quindi, quando ragioniamo sull’impatto delle nostre abitudini alimentari sul clima, oltre a ridurre il consumo di carne e derivati del latte, dovremmo anche scegliere tipologie di carni o di derivati dal latte che hanno, già oggi, impronte carboniche più basse di altre.

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