30 Settembre 2025
In 10 anni i danni climatici negli Stati Uniti sono aumentati di 6 volte
Di ANDREA BARBABELLA, PUBBLICATO ORIGINARIAMENTE SU HUFFPOST
“In linea con l’evoluzione delle priorità, dei mandati statutari e dei cambiamenti nello staff, i Centri nazionali per le informazioni ambientali (NCEI) del NOAA non aggiorneranno più il prodotto Billion Dollar Weather and Climate Disasters.” Il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) è l’Agenzia governativa statunitense deputata al monitoraggio del clima e il Billion Dollar Weather and Climate Disasters è il database che raccoglie i dati preziosissimi di oltre quarant’anni di disastri meteoclimatici negli USA. E che probabilmente da quest’anno non lo farà più.
Prima dell’estate la Casa bianca aveva richiesto un taglio al budget 2026 del NOAA di poco meno di 2 miliardi di dollari, pari a una riduzione di quasi un terzo del budget annuale complessivo. Qualche mese fa il mondo della ricerca aveva lanciato l’allarme sulla possibile chiusura (che al momento sembrerebbe rientrata) della storica stazione di monitoraggio climatico di Mauna Loa, nelle isole Hawaii, gestito proprio dal NOAA.
Tutto questo, pur nella sua oggettiva gravità, non dovrebbe stupire più di tanto, specie dopo l’intervento di Trump all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, in cui il Presidente ha arringato all’interno del tempio del multilateralismo le tesi del peggior negazionismo climatico. Ovviamente non è il primo a rappresentare queste posizioni, la storia del negazionismo è lunga tanto quanto quella della lotta al riscaldamento globale. E per molto tempo ha fatto presa, potendo contare sul fatto che l’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera non è un fenomeno visibile e che gli effetti di questo accumulo avrebbero riguardato generazioni future.
Oggi, però, siamo entrati in una nuova era, quella che abbiamo chiamo della “nuova anormalità climatica permanente”, un’era nella quale imparare a convivere con gli effetti del riscaldamento globale, che non sono più proiettati nel futuro, ma sono qui e ora. Ed è per questo che Trump con la sua performance alle Nazioni Unite probabilmente si candida ad essere ricordato come il più coraggioso – o sprovveduto? – dei negazionisti climatici della storia.
Nel 2024, secondo il database del NOAA, il cambiamento climatico è costato ai cittadini americani oltre 180 miliardi di $, ossia circa lo 0,6% del Pil statunitense. In realtà si tratta di un dato ampiamente sottostimato, perché include solamente quegli eventi con impatti diretti oltre il miliardo di $ ma, cosa ancora più importante, perché non considera i tanti effetti indiretti, i danni collaterali subiti dalle persone che magari sono costrette ad abbandonare il luogo in cui sono nate e che si portano appresso il peso della catastrofe per anni o addirittura decenni. Ma l’informazione più importante contenuta in quel database non è la fotografia scattata nell’ultimo anno, ma la progressione raffigurata dalla sua serie storica: in appena un decennio, infatti, i danni dei disastri meteoclimatici miliardari sono passati dai 30 miliardi di $ del 2015 e 180 miliardi di $ dello scorso anno, costando complessivamente all’iconico contribuente americano 1,4 trilioni di $.
Esiste un piano di narrativa ed esiste un piano di realtà. Negli ultimi anni, in particolare proprio sui temi ambientali, questi due piani si sono progressivamente allontanati. Nel piano della narrativa – e non solo quella trumpiana, purtroppo, come possiamo capire guardando anche in casa nostra – spesso si accusano le politiche ambientali, in primis quelle climatiche, di essere troppo costose e di rappresentare un potenziale danno per l’economia. Nel piano della realtà, il cambiamento climatico è già oggi una voce di costo rilevante nei bilanci di ogni Stato, anche se spesso è ancora una voce nascosta. Attaccando e denigrando la scienza e rendendone inaccessibili i risultati, Trump vorrebbe allontanare i cittadini americani (e magari non solo loro) dal piano della realtà e attirarli su quello della (sua) narrativa. Incurante del danno economico che questo rappresenterebbe per la sua Nazione. Ma forse è troppo tardi: anche se riuscirà ad oscurare qualche sito web e chiudere qualche stazione di monitoraggio, difficilmente potrà cancellare il ricordo delle ville hollywoodiane in fiamme nella terra degli angeli, o quello della scia di devastazione che ha lasciato dietro di sé Helene nella assolata Florida.