10 Maggio 2021
In Germania la tutela climatica ha valore costituzionale. E in Italia?
di Edo Ronchi
Con una sentenza, pubblicata il 29 aprile scorso, la Corte costituzionale tedesca ha censurato, in quanto lesiva dei diritti fondamentali dei giovani, la legge tedesca sul clima, approvata, dopo una lunga trattativa dalla coalizione di governo, nel novembre del 2019.
Questo pronunciamento accoglie una parte sostanziale della denuncia presentata da un gruppo di giovani ambientalisti, sostenuti da alcune associazioni e dal movimento Fridays for Future. La ragione fondamentale di questa censura dell’Alta corte tedesca sta nel fatto che la legge tedesca non prevede misure per raggiungere la neutralità climatica, come previsto dall’Accordo di Parigi per il clima, limitandosi a riduzioni delle emissioni di gas serra del 55% al 2030, senza ulteriori misure di riduzione di emissioni di gas serra dopo tale data.
La Corte Costituzionale ha ordinato al legislatore di provvedere, entro il 31 dicembre del 2022, a specificare, in modo dettagliato, come raggiungerà la neutralità climatica anche con le misure per i periodi successivi al 2030.
Oltre al merito specifico, questa sentenza della Corte costituzionale, è di grande rilievo perché, per la prima volta, attribuisce all’azione per la tutela climatica un valore costituzionale, partendo dalla tutela dei diritti fondamentali delle giovani generazioni.
Alle generazioni presenti, dice la Corte, “non dovrebbe essere consentito di consumare gran parte del budget di CO2, con un onere di riduzione relativamente lieve, se ciò lascia alle generazioni successive un onere di riduzione radicale”. Per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, abbiamo ancora a disposizione un budget limitato di emissioni di gas serra: più ritardiamo il taglio delle nostre emissioni, più consumiamo questo budget e meno ne lasciamo ai giovani per i prossimi decenni.
Fatto questo passaggio, l’Alta corte tedesca collega le misure per il clima alla tutela delle libertà fondamentali, costituzionalmente protette. “Praticamente ogni tipo di libertà – scrive la Corte – potrebbe essere condizionata da queste future riduzioni obbligatorie, perché quasi tutti gli aspetti della vita umana sono ancora associati all’emissione di gas serra e quindi sono minacciati dalle restrizioni drastiche che si dovranno fare dopo il 2030″.
Dato l’aggravamento della crisi climatica in atto, le riduzioni delle emissioni di gas serra, in un futuro prevedibilmente non troppo lontano, sono destinate a diventare obbligatorie e, se non provvediamo ora, esporremo i giovani, nei prossimi decenni, a “restrizioni drastiche”.
L’Alta corte tedesca ha liquidato decisamente anche le obiezioni degli attendisti che, essendo il riscaldamento un fenomeno globale, stante il contributo parziale e limitato che può dare ogni singolo stato, propongono di limitare l’impegno nazionale, in attesa che si muovano tutti gli altri stati. “Lo stato non può evadere la sua responsabilità puntando sulla riduzione dei gas serra in altri stati, dice l’Alta corte. La sfida climatica globale, infatti, può essere affrontata solo con misure nazionali impegnative: l’attendismo nazionale, fra l’altro, incentiva il disimpegno di altri paesi. Non è necessario fare di più degli altri, ma è indispensabile fare la propria parte.
Faremmo bene, anche in Italia, a far tesoro di questo pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca. Anche in Italia abbiamo un Piano per l’energia e il clima vigente che prevede una riduzione di emissioni di gas serra solo al 2030 (e solo del 37%!): fortemente inadeguato per la traiettoria della neutralità climatica, con l’annuncio di una prossima revisione, in attesa del varo di un nuovo pacchetto di misure europee più impegnative.