27 Ottobre 2025
Le foreste ci salveranno. Ma chi salverà le foreste?
Di ANDREA BARBABELLA, PUBBLICATO ORIGINARIAMENTE SU HUFFPOST
Nella COP 30 che si svolgerà a inizio novembre in un Paese come il Brasile di Lula, che aspira a diventare simbolo della lotta globale alla deforestazione, il ruolo delle foreste nella lotta alla crisi climatica sarà sicuramente al centro dei riflettori. In particolare, grande attenzione verrà data ai progressi che verranno realizzati nell’ambito dell’Art.6 dell’Accordo di Parigi, relativi alle regole comuni per misurare e commercializzare crediti di carbonio connessi proprio agli assorbimenti forestali (e non solo). Queste regole sono molto importanti perché se i boschi non arriveranno a sottrarre sufficiente anidride carbonica dall’atmosfera nei prossimi decenni, visto che tecnologie in grado di fare lo stesso lavoro in modo economico e massivo sono ancora di là da venire, molto difficilmente potremo raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica concordato a Parigi dieci anni fa.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire meglio alcuni temi fondamentali: qual è oggi la situazione delle foreste nel mondo, e quale il loro contributo effettivo al contrasto alla crisi climatica?
Le foreste coprono oggi circa un terzo della superficie delle terre emerse, ospitano oltre la metà di tutte le specie terrestri del pianeta e sono fondamentali per la salute ambientale e il benessere umano. Ma le foreste, in determinate condizioni, possono svolgere anche un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico. In primo luogo, le foreste agiscono come barriere naturali contro eventi climatici estremi, come tempeste e inondazioni, e sono fondamentali per l’approvvigionamento idrico, fornendo acqua potabile a quasi metà delle più grandi città del mondo.
Ma c’è anche un altro modo in cui i sistemi forestali contribuiscono al contrasto alla crisi climatica: crescendo sottraggono anidride carbonica dall’atmosfera, dando vita a un processo naturale di sequestro del carbonio. Secondo le stime dell’UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite, se correttamente gestite, le foreste potrebbero dare un contributo decisivo alle azioni di mitigazione della crisi climatica (ossia azioni che riducono o rallentano l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera): da qui al 2030, infatti, potrebbero arrivare ad assorbire tra 4,1 e 6,5 miliardi di tonnellate di gas serra, ossia tra il 7% e il 10% delle emissioni attuali, svolgendo quel ruolo determinante per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi di cui abbiamo parlato all’inizio.
Tuttavia, oggi i sistemi forestali sono ben lontani dal raggiungere questi numeri. A causa della continua deforestazione e degli incendi (questi ultimi a loro volta alimentati dall’aumento delle temperature globali), le foreste oggi invece di assorbire CO2 dall’atmosfera, la stanno aumentando, sono diventate cioè degli emettitori netti. Solo nel 2023 gli incendi in tutto il mondo hanno emesso circa 6,7 miliardi di tonnellate di CO2, circa il doppio di tutte le emissioni di gas serra dell’Unione europea. E nello stesso tempo sono stati raccolti circa 4 miliardi di metri cubi di legname, di cui la metà destinato a usi energetici.
Anche se in molte parti del mondo, tra cui proprio in Brasile che ospiterà la trentesima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sul clima, i tassi di deforestazione negli ultimi anni si stanno riducendo, la strada per liberare il vero potenziale di mitigazione della crisi climatica delle foreste è ancora lunga. Secondo le ultime stime del Global Carbon Budget, l’anidride carbonica emessa dalla deforestazione è due volte quella assorbita nello stesso anno dai sistemi forestali in crescita e il bilancio complessivo è di una emissione netta in atmosfera di circa 2 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno (pari al 3-4% delle emissioni mondiali di gas serra). Se tutti gli impegni contenuti negli NDC (i Nationally Determined Contribution, ovvero gli impegni di contributo alla mitigazione del cambiamento climatico) presentati da tutti i firmatari dell’Accordo di Parigi venissero rispettati (in attesa di vedere i nuovi impegni che verranno portati proprio a Belem), al 2030 potremo invertire la situazione e passare da una situazione in cui i suoli e le foreste di tutto il mondo sarebbero assorbitori netti di gas serra per circa 1 miliardo di tonnellate all’anno.
Per raggiungere questi obiettivi servono, inutile dirlo, ingenti risorse finanziarie. Ma esattamente quante? Proprio pochi giorni fa l’Unep, ossia il Programma Ambiente delle Nazioni Unite, ha presentato un rapporto che analizza questo fabbisogno: secondo questa analisi, gli investimenti nella salute e tutela delle foreste dovrebbero raggiungere i 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e quasi 500 nel 2050. Questo vuol dire più che triplicare in cinque anni gli investimenti attuali, stimati in 84 miliardi di dollari nel 2023. Se queste cifre sembrano alte, la stessa Unep ci ricorda che attualmente i sussidi ambientali potenzialmente dannosi all’agricoltura, responsabili della perdita di 2,2 milioni di ettari di foreste ogni anno, superano i 400 miliardi di dollari. Ma c’è un altro dato molto interessante che emerge dal rapporto: di quegli 84 miliardi di dollari destinati a iniziative in favore dei boschi, solo 7,5 miliardi – ossia il 9% dei finanziamenti attuali – derivano da finanza privata, mentre più del 90% sono fondi pubblici.
Uno dei compiti centrali della trentesima Conferenza delle Parti che si svolgerà a Belem a partire dal 10 novembre sarà, quindi, quello di trovare un modo per triplicare in pochissimi anni gli investimenti nella tutela forestale e, al tempo stesso, promuovere il ruolo della finanza privata. Per questo motivo, raggiungere o meno un consenso trasversale sulle regole per contabilizzare la CO2 sottratta dall’atmosfera in modo trasparente, verificabile e reale, che garantisca quindi un contributo veramente addizionale alla mitigazione climatica, sarà sicuramente una cartina di tornasole – non l’unica, ovviamente – per valutare il successo o meno della COP brasiliana.


