12 Settembre 2023

Un italiano su 5 vive in un’area a rischio alluvioni

La crisi climatica sta già causando eventi estremi come alluvioni, piogge intense e grandinate, sempre più violenti e frequenti. Quanto accaduto in Emilia-Romagna tra il 16 e il 17 maggio ne è un esempio: in soli due giorni è caduta una quantità d’acqua che di norma cade in sei mesi. Secondo i dati riportati dal database europeo sugli eventi meteorologici estremi, nel 2022 in Italia è stato registrato il valore record di circa 2.000 precipitazioni straordinarie, tra grandinate e piogge intense.

Questi eventi, come purtroppo abbiamo già potuto sperimentare in questi anni, possono produrre ingenti danni alle infrastrutture e al paesaggio, e mettere a rischio la vita delle persone.
Secondo la mosaicatura delle aree a rischio alluvioni condotta da ISPRA, oltre 12 milioni di persone, ossia un italiano su cinque, vivono in aree potenzialmente allagabili,  aree che potrebbero essere interessate da alluvioni. Le aree potenzialmente allagabili si suddividono in aree a pericolosità idraulica bassa, aree a pericolosità idraulica media e aree a pericolosità idraulica elevata. Ad ognuna di queste, corrisponde una certa probabilità che un evento alluvionali della stessa o superiore intensità si ripresenti in un determinato arco di tempo. Per esempio, le aree a pericolosità idraulica elevata (HPH – high probability hazard), sono aree in cui i “tempi di ritorno” del fenomeno sono compresi tra i 20 e i 50 anni. La pericolosità idraulica definisce quindi la frequenza dell’allagamento legato all’evento alluvionale. È bene notare che nelle aree in cui la pericolosità è alta e in cui quindi, più di frequente si verificano eventi di tale genere, vivono oggi più di 2,4 milioni di persone. Le alluvioni però arrecano danni anche alle imprese, – nelle aree ad alta pericolosità sono presenti quasi 226.000 imprese- agli edifici (623.000 nelle HPH) e infine, ai beni culturali (16.025 unità nelle aree ad alta pericolosità idraulica).

L’uomo ha un’influenza su questi eventi? In parte sì, come abbiamo spiegato nel nostro Special Report.
Il cambiamento climatico rafforza l’intensità delle alluvioni: il maggiore calore presente in atmosfera a causa del riscaldamento globale accresce la quantità d’acqua che l’atmosfera può trattenere e questo si traduce in piogge più violente e concentrate in un breve lasso di tempo.
Inoltre, l’aumento di aree impermeabilizzate per la costruzione di edifici, strade o parcheggi comporta una minore capacità da parte del suolo di assorbire le precipitazioni e di far defluire l’acqua verso gli strati più profondi del suolo. Non è un caso che parte delle regioni più esposte a rischio di alluvione in Italia -Emilia-Romagna, Veneto, Calabria-  sono anche quelle che presentano tassi di cementificazione più alta (Veneto con il 12% seguiti da Emilia-Romagna col 9%).

Gli eventi estremi non rappresentano solo un pericolo, ma anche un costo. Infatti, nel trentennio 1980-2020 gli eventi estremi legati al clima sono costati ai Paesi Europei 487 miliardi di euro e la vita di più di 86.000 persone. L’Italia risulta essere uno dei Paesi più esposti all’impatto degli eventi meteoclimatici estremi, con oltre 90 miliardi di euro di danni subiti, seconda ma non molto distante da Germania e Francia, Paesi più popolosi e con maggiori estensioni di territorio.

 

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