14 Giugno 2024
Unione europea, transizione energetica e disinformazione: cinque miti da sfatare
La cattiva informazione è percepita sempre più come una minaccia incombente, tanto da spingere alcuni a ritenere la stessa democrazia a rischio. Sono molti gli esempi di disinformazione o misinformazione che influenzano il dibattito sul clima e l’energia. Uno dei principali danni indotti da questo fenomeno è la creazione di veri e propri alibi per non agire o ritardare l’azione. Con Italy for Climate da alcuni anni abbiamo cominciato ad analizzare alcuni di quelli che abbiamo chiamato “falsi miti”, a cominciare da quelli che caratterizzano il dibattito sulle fonti rinnovabili.
Nello special report “Europa, un voto per il clima” pubblicato alla vigilia delle elezioni europee abbiamo provato a rispondere a cinque falsi miti molto diffusi sul rapporto tra il presente e il futuro dell’Unione e la transizione energetica. Vediamoli in sintesi:
- L’Unione europea sta perseguendo obiettivi troppo ambiziosi in termini di politiche climatiche ed energetiche e dovrebbe rallentare: è semmai vero il contrario, perché la crisi climatica in realtà sta accelerando più del previsto e gli impegni presi dai Governi di tutto il mondo – inclusi quelli europei – il prossimo anno dovranno essere rivisti al rialzo per mantenere il riscaldamento globale entro i limiti suggeriti dal mondo scientifico e concordati nel 2015 a Parigi.
- L’Unione europea dovrebbe puntare sulla neutralità tecnologica ed evitare di fissare obiettivi vincolanti specifici per le singole tecnologie: per affrontare la crisi climatica e azzerare le emissioni nette entro la metà del secolo è necessario rivoluzionare in pochissimo tempo il modo di produrre e consumare energia e per farlo bisogna fissare obiettivi specifici per i singoli settori e dare così un segnale chiaro agli operatori economici sulle prospettive delle singole tecnologie per agevolare gli investimenti necessari.
- L’Unione europea, accelerando sulla via della decarbonizzazione, rischia di essere spiazzata sul mercato globale e di perdere competitività: al contrario, i principali attori del mercato mondiale, a cominciare proprio da Cina e Usa, stanno puntando su rinnovabili ed efficienza energetica e l’Unione europea, che fino a poco tempo fa era leader in questi comparti, se non tornerà ad accelerare è destinata a perdere competitività su quello che probabilmente è il settore economicamente più promettente nel prossimo futuro.
- L’Unione europea, nel perseguire politiche climatiche troppo ambiziose, rischia di danneggiare economia e occupazione: i principali studi in materia mostrano esattamente il contrario, ossia che lasciare precipitare la crisi climatica causerebbe enormi danni economici e sociali che, viceversa, sarebbero ampiamente ripagati investendo sulla transizione energetica che genererebbe, tra l’altro, un saldo occupazionale ampiamente positivo.
- L’Unione europea da sola può fare poco o nulla sulle emissioni globali e deve attendere che tutti i Paesi si mettano d’accordo e inizino a tagliare le proprie emissioni: l’UE è attualmente il quarto maggiore emettitore di gas serra al mondo e, insieme agli altri big emitters, è responsabile di oltre metà delle emissioni globali. Inoltre, ha le possibilità tecniche ed economiche per investire nella transizione e orientare gli stessi mercati globali.