8 Novembre 2025

USA: sta nascendo un nuovo petro stato, o è solo ideologia?

Gli Stati Uniti sono oggi al centro del dibattito globale su transizione ecologica e cambiamento climatico, in virtù del ruolo che giocano in questa partita e grazie alla ribalta che ottengono le posizioni negazioniste dell’amministrazione Trump. Anche l’assenza di questi giorni di una delegazione del paese dalla COP 30 si traduce in un messaggio chiaro che non è chiaro ancora che impatti avrà sulle trattative in corso a Belem. Così come è difficile dire anche cosa accadrà veramente negli Stati Uniti: davvero la leadership politica negazionista riuscirà a fermare o rallentare significativamente i progressi in corso verso la transizione energetica nel Paese, oppure queste dinamiche sono oramai così consolidate che non ne risentiranno in maniera significativa?

E’ questo uno degli interrogativi a cui si è cercato di rispondere nella mattinata di lavori che si è svolta agli Stati generali della Green economy e che ha visto protagonisti 4 paesi identificati come key player nella strada verso il net zero.

I dati presentati da Italy for Climate sono inequivocabili: gli Stati Uniti sono il primo paese al mondo per emissioni pro capite con 18 tonnellate di CO2, tre volte la media globale, e detengono la maggiore responsabilità climatica storica dalla rivoluzione industriale in poi. Dal 1990, gli Stati Uniti hanno ridotto le emissioni di gas serra solo del 3,7% – per capire il peso di questo numero basta pensare che è dieci volte meno di quanto ha fatto l’Unione Europea.

Allo stesso tempo gli USA continuano ad essere il primo produttore mondiale di gas e petrolio. Le previsioni per il 2025 non fanno intravedere un orizzonte positivo, con la previsione di un aumento delle emissioni dell’1,8% trainato da consumi record di gas e carbone. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha inoltre ridotto del 40-45% le previsioni su rinnovabili e vendite di veicoli elettrici rispetto alle stime dell’anno precedente.

Con il ritiro dall’Accordo di Parigi e la cancellazione degli obiettivi 2030 e 2035, la Climate Action Tracker classifica ora la situazione USA come “criticamente insufficiente”.

Eppure – come ha sottolineato Oliviero Bergamini, Caporedattore Esteri Tg1 Rai, invitato a fornire un punto di vista ravvicinato sull’operato e gli effetti dell’amministrazione in corso – osservando ciò che accade sul campo la storia sembra diversa. Se da una parte il Presidente Trump sta tentando una ristrutturazione radicale con un approccio ostinato contro le politiche climatiche e una narrativa che non riconosce la crisi climatica in corso e di conseguenza la sua urgenza, dall’altra questa radicalità sta generando un effetto paradossale che fa camminare il paese in direzione opposta. A partire dalla scadenza dei crediti fiscali per l’energia pulita, fissata per luglio 2026, che sta provocando una corsa alle installazioni solari senza precedenti. “Il 2026 sarà l’anno del boom solare negli Stati Uniti”, ha spiegato Bergamini, descrivendo come stati e aziende private si stiano precipitando a completare progetti prima della scadenza.

La transizione energetica negli States, insomma, sembrerebbe avere un a inerzia sufficiente per resistere agli attacchi di Trump. Il fattore economico, in particolare, gioca un ruolo decisivo: solare e batterie sono ormai più convenienti dei combustibili fossili in molte regioni, e l’esplosione dell’intelligenza artificiale – che genera un importante consumo di elettricità per i data center – aumenta la spinta verso le rinnovabili.

Grandi imprese come Amazon e Ford mantengono obiettivi di emissioni zero, e gli standard ESG sono ormai dati per scontati nel settore finanziario. Allo stesso tempo però, secondo uno studio dell’Università di San Gallo su oltre 2.000 società di investimento USA, come spiega Bergamini, si rileva un leggero calo nelle intenzioni di investire nell’economia verde.

I numeri sui veicoli elettrici fotografano il ritardo americano: solo l’1,4-4% del parco auto USA è elettrico, contro il 16% della Cina – dieci volte tanto. Anche con previsioni di crescita al 7-9% entro il 2025, il divario resta abissale: in Cina oltre metà delle nuove auto vendute sono già elettriche.

“La Cina ha vinto la guerra sull’economia verde”, ha dichiarato senza mezzi termini Bergamini. “Gli Stati Uniti non sono nemmeno più nel gioco in termini di forza tecnologica. Il cambiamento si è spostato sull’IA – è un gioco diverso”.

Fare previsioni su quello che sarà il futuro della transizione energetica negli USA, insomma, è davvero molto difficile, ma forse il treno in corsa delle nuove tecnologie potrà essere rallentato, ma difficilmente si potrà fermare.

Leggi il documento di sintesi per gli Stati Uniti qui.

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