10 Novembre 2025
Stati generali green economy 2025: politiche, investimenti e strategie per una green economy competitiva in tempi di crisi
Analizzare lo stato della green economy in un momento caratterizzato a livello globale da incertezze geopolitiche, confrontando gli approcci di quattro paesi che giocano un ruolo chiave – USA, Cina, Europa e Africa – per fare chiarezza nel percorso verso la transizione green. E’ stato questo il focus della sessione plenaria internazionale della quattordicesima edizione degli Stati generali della Green economy dal nome Guidare il futuro in tempo di crisi, che si è svolta martedì 4 novembre presso Ecomondo.
La mattinata di lavori, organizzata in collaborazione con Italy for Climate e moderata da Amy Kazmin, Corrispondente del Financial Times e Raimondo Orsini, Direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha offerto un focus su politiche internazionali, investimenti e strategie per una green economy competitiva.
Chiara Montanini, Italy for Climate, ha presentato una fotografia basata sui dati per ognuno dei quattro paesi, key player della green economy: i numeri principali ad oggi, le previsioni al 2025 e gli obiettivi climatici da raggiungere.
GLI STATI UNITI STANNO DIVENTANDO UN NUOVO “PETRO-STATO” O SI TRATTA SOLO DI UNA SCELTA IDEOLOGICA?
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1º per emissioni pro capite: 18 tonnellate di gas serra per persona (3 volte la media globale).
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1º per responsabilità climatica storica.
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Riduzione CO₂: –3,7% rispetto ai livelli del 1990 (10 volte meno dell’UE).
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1º produttore mondiale di gas e petrolio, nonostante la transizione globale verso l’elettricità.
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Il mercato dei veicoli elettrici è in crescita (+10% nel 2024, 1,6 milioni di EV venduti), ma Tesla è stata superata dalla cinese BYD
Oliviero Bergamini, corrispondente Rai dagli Stati Uniti, ha descritto un quadro complesso. Nonostante la nuova amministrazione Trump stia tentando di smantellare le politiche climatiche, definendo il cambiamento climatico una fake news, la realtà economica e tecnologica va in direzione opposta. La cancellazione dei crediti fiscali prevista per luglio 2026 sta paradossalmente provocando un boom di installazioni solari nel 2025. Gli stati continuano a muoversi autonomamente, con alleanze per l’energia pulita. Bergamini ha concluso in modo provocatorio: la Cina sta ormai dominando la competizione globale sulla green economy, producendo dieci volte più veicoli elettrici degli Stati Uniti e assumendo la leadership tecnologica mondiale.
USA: the new petro-state or just ideology? | Scopri i dati
CINA, L’ELETTRO-STATO SULLA VIA GREEN
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1º emettitore mondiale: 12 miliardi di tonnellate di CO₂ nel 2024 (pari al 32% delle emissioni globali).
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3º Paese per responsabilità climatica storica (e potrebbe presto superare l’UE a 27).
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Leader globale nelle tecnologie green:
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80% dei pannelli solari,
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60% delle turbine eoliche,
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50% dei veicoli elettrici (EV) sono prodotti in Cina.
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29% del consumo energetico proviene da elettricità: la Cina punta a diventare la prima grande “electro-state” (società fondata sull’energia elettrica).
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1º fornitore mondiale di carbone, responsabile del 58% dell’offerta globale.
Il Professor Junming Zhu della Tsinghua University ha offerto una prospettiva sulla trasformazione cinese che guarda all’evoluzione che il paese ha vissuto nell’ultimo ventennio. Partita come paese in via di sviluppo con un modello di crescita convenzionale, la Cina ha pagato il prezzo dell’inquinamento. Si è però poi posta sulla strada di una trasformazione verde globale dello sviluppo economico e sociale, integrata nel 14° e 15° Piano Quinquennale, che punta a una transizione ecologica completa in tutti i settori. Oggi però il paese guida la trasformazione globale e ha già raggiunto in anticipo gli obiettivi di installazione di capacità solare ed eolica previsti per il 2030, ma la sfida ora è l’integrazione nella rete elettrica e lo sviluppo di sistemi di accumulo. Guardando al futuro la prova più grande non è a livello tecnologico ma culturale, modificare gli stili di vita di una popolazione sempre più ricca in modo che l’aumento dei consumi non vanifichi i progressi ambientali raggiunti.
China: the electro-state on the green route | Scopri i dati
EUROPA, LO STORICO LEADER DELL’ECONOMIA VERDE
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58% di dipendenza energetica dalle importazioni.
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375 miliardi di euro spesi per importare combustibili fossili nel 2024.
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47% dell’elettricità da fonti rinnovabili, contro il 34% della Cina e il 24% degli Stati Uniti.
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–37% di emissioni di CO₂ dal 1990, con +72% di PIL: l’UE è l’unica grande economia ad aver ridotto le emissioni in modo significativo continuando a crescere.
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77% dei cittadini europei ritiene che i costi del cambiamento climatico siano molto più alti degli investimenti necessari per la decarbonizzazione.
Alessandra Zampieri, Joint Research Centre, ha presentato i risultati dell’analisi sullo stato di avanzamento del Green Deal europeo, la bussola politica per portare l’UE ad essere il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050: le emissioni di gas serra dell’UE sono diminuite del 31% tra il 1990 e il 2022, e dell’8% solo nel 2023; le energie rinnovabili coprono ora il 22% del mix energetico europeo; il Piano d’Azione per l’Economia Circolare sta stimolando innovazione, design sostenibile e riciclo dei rifiuti da imballaggio, che si avvicinano all’obiettivo del 70% entro il 2030; la bioeconomia genera 2,7 trilioni di euro e 17,1 milioni di posti di lavoro, pari al 5% del PIL europeo. Tuttavia, le recenti decisioni del Consiglio UE segnalano un rallentamento dell’ambizione: il 25% dei 154 target del Green Deal è on track, ma il 41% richiede accelerazione. Il messaggio che emerge è chiaro: competitività e sostenibilità devono procedere insieme.
Europe: the historical leader in green economy | Scopri i dati
AFRICA, IL FUTURO DELLA GREEN ECONOMY
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1,5 miliardi di persone vivono in Africa — più che in Cina.
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I Paesi africani hanno contribuito solo per il 3% alle emissioni storiche di CO₂, ma subiscono gli impatti più gravi, come il 50% della mortalità in eccesso prevista entro il 2050 dovuta al cambiamento climatico.
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2,2 tonnellate di gas serra pro capite: 3 volte meno della media globale e 8 volte meno degli Stati Uniti.
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Il continente ospita il 25% della biodiversità mondiale.
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600 milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità.
Davinah Milenge Uwella dell’African Development Bank ha presentato l’Africa come il continente del futuro: 1,5 miliardi di persone, solo 3% di responsabilità storica per le emissioni. L’Africa possiede il 60% del potenziale solare mondiale, pari a 10 terawatt. A questo si aggiungono 15 gigawatt di potenziale geotermico, 110 gigawatt eolici e 350 gigawatt idroelettrici. Inoltre, il 65% delle terre ancora coltivabili del pianeta si trova in Africa. È un continente dove è possibile “fare del bene facendo bene”, cioè promuovere uno sviluppo sostenibile creando valore per la natura e per le persone. Non si tratta di una competizione ma di collaborare per valorizzare queste risorse.
Africa: the future of green economy | Scopri i dati
WE MEAN BUSINESS E IL RUOLO DELLA FINANZA
Jeffrey Sachs, economista eprofessore di Columbia University ha offerto un’analisi senza mezze misure degli ultimi 10 anni, definiti un fallimento, con emissioni in aumento e riscaldamento globale accelerato oltre 1,5°C. La buona notizia è il crollo dei costi delle tecnologie zero-carbon, merito soprattutto della Cina. Trump ha consegnato la leadership tecnologica alla Cina con una “resa unilaterale”. L’Europa, che era leader, è ora troppo focalizzata sulla guerra e poco sull’economia verde. Arriva da lui una proposta provocatoria: usare gli 800 miliardi destinati ad armamenti USA per costruire “la migliore infrastruttura green del 21° secolo”.
Un ruolo centrale ha avuto il tema dei finanziamenti alla transizione green. Il CINEA (European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency) che oggi gestisce oltre 65 miliardi di euro fino al 2027, a supporto di progetti dedicati all’energia pulita, alla decarbonizzazione e all’economia circolare, nel nuovo bilancio europeo 2025 metterà a disposizione 2.000 miliardi di euro – come ha spiegato Paloma Aba Garrote, CINEA. Di questi 800 miliardi destinati a clima e ambiente, e includerà la creazione di un European Competitiveness Fund da 400 miliardi per accelerare la transizione industriale verso un’economia a basse emissioni.
Da Ambienta, con l’intervento di Nino Tronchetti Provera, è arrivato un monito verso la concretezza. La strategia vincente è scalare tecnologie esistenti: riciclo PET (usiamo solo 15%), acqua (ricicliamo <2%), LED (adozione 15-20% fuori Europa). Le aziende del portfolio Ambienta generano oltre 500 milioni di free cash flow con margini del 20%. La transizione verde è la più grande rivoluzione economica della storia, ma troppo spesso ostacolata da burocrazia e retorica. Oggi esistono già tecnologie mature per ridurre emissioni e sprechi, ma vanno applicate su larga scala. Ambienta investe in soluzioni industriali concrete — dal riciclo della plastica ai biostimolanti agricoli — che creano valore e impatto reale. Sono le imprese a guidare il cambiamento e nessuna politica potrà fermarle.
Marco Duso di EY ha evidenziato il reset in corso nel mondo corporate: stiamo passando da una fase di entusiasmo, fatta di rendicontazione e promesse a lungo termine, a una fase in cui la decarbonizzazione è parte integrante della sicurezza energetica e del valore aziendale. Il nuovo approccio è strategico e competitivo: non dobbiamo più chiederci solo “come decarbonizzare”, ma “come vincere in un’economia a basse emissioni di carbonio”.
Infine la mattinata di lavori si è conclusa con due esempi concreti: Enel Green Power che ha presentato il più grande impianto solare italiano (170 MW) con agrivoltaico integrato e Chiesi Farmaceutici, che ha inaugurato la seconda linea produttiva per inalatori spray con -90% di carbon footprint, investendo 400 milioni di euro e coinvolgendo l’intero settore farmaceutico.
Investimenti concreti che portano la transizione sul piano della fattibilità, lasciando spazio ad un messaggio unanime: la direzione verso la green economy è irreversibile, sostenuta sia dalla logica economica sia dalle urgenze ambientali. Servono però azioni concrete, non solo dichiarazioni.



