21 Luglio 2023
Di quanta acqua disponiamo in Italia?
La quantità di acqua disponibile in un territorio dipende da quanta ne arriva tramite precipitazione e da quanta ne viene persa a causa dei fenomeni di evaporazione e di traspirazione da parte delle piante. Ciò che rimane è chiamato deflusso interno ed è l’acqua che soddisfa i bisogni idrici nazionali, resa disponibile attraverso i corsi idrici e le falde acquifere.
Come abbiamo spiegato nel nostro ultimo Special Report, contabilizzare la quantità di acqua presente ed usata in un territorio non è così semplice e solo recentemente l’Ispra ha ricostruito una serie storica estesa del bilancio idrico nazionale.
Secondo l’Ispra, nell’ultimo trentennio la disponibilità media di acqua in Italia è stata pari a 134 miliardi di m3 all’anno: questo fa dell’Italia il terzo paese in Europa con maggiore disponibilità di risorsa idrica dopo la Svezia e la Francia. La disponibilità di acqua di un paese dipende anzitutto dalla sua estensione: più è grande, maggiori saranno le precipitazioni intercettate. Ma anche misurando la diponibilità della risorsa per unità di superficie (ossia a quanta acqua è disponibile per kilometro quadrato di superficie), l’Italia si posiziona sopra alla media europea e ai valori di Francia, Germania e Spagna, con oltre 400 mila m3/km2. Se guardiamo invece alla disponibilità pro-capite, la media nazionale si posiziona leggermente sotto la media europea, essendo l’Italia un Paese con un’alta densità abitativa.
È bene ricordare che la quantità di acqua disponibile su un territorio non è destinata esclusivamente al fabbisogno dell’uomo, ma anche agli ecosistemi e alla vita che essi contengono: per questo la comunità scientifica indica che dovremmo cercare di limitare i nostri prelievi idrici (cioè, il nostro consumo di acqua) al di sotto del 20% della disponibilità totale. Rispettare questa soglia è importante non solo per l’importanza della tutela della risorsa, ma anche perché è molto probabile che il cambiamento climatico stia già avendo degli effetti sulla sua disponibilità. Al di là dell’impatto sulla disponibilità assoluta di acqua, quel che è certo è che l’aumento delle temperature stia aumentando gli eventi estremi legati all’acqua, sia nel tempo che nello spazio, ovvero i periodi in cui di acqua ce n’è troppa o troppo poca.
Secondo l’Ispra, negli ultimi decenni in Italia abbiamo già assistito a una progressiva riduzione della disponibilità media annua di acqua, che è passata dalla media di 166 miliardi di m3/anno del trentennio 1921-1950 ai 134 del 1991-2020, con una riduzione di circa il 20%. Il trend sarebbe destinato a consolidarsi e anzi a peggiorare negli anni a causa del cambiamento climatico. Anche immaginando di contenere il riscaldamento globale a non più di 2 °C entro la fine del secolo, la disponibilità a livello nazionale rischia di ridursi ancora di un altro 10%. Ma se invece non riuscissimo a cambiare passo sulle politiche di decarbonizzazione e arrivassimo a +3 o +4 °C, a fine secolo potremmo avere un ulteriore 40% in meno della risorsa. Ovviamente, questa riduzione colpirebbe in modo diverso differenti aree del Paese e in alcune zone del Sud Italia, già oggi in crisi di disponibilità idrica, questa potrebbe ridursi addirittura del 90%.
L’Italia, dunque, oggi dispone ancora di una buona quantità di acqua nel territorio, ma questa disponibilità è fortemente minacciata dalla crisi climatica: se non stacchiamo la spina al riscaldamento globale, sarà sempre più difficile adattarsi ad un ciclo dell’acqua che è già cambiato.