27 Settembre 2019

Il primo dossier di Italy for Climate: il cambiamento climatico costerà all’Italia 130 miliardi di €

Il primo dossier “Agire adesso per clima, economia e occupazione” a cura di Italy for Climate, illustra in modo semplice e diretto cinque motivi per cui è necessario agire con forza e subito, come proprio in queste ore ci chiedono milioni di ragazzi in tutto il mondo dopo il summit sul clima di New York. Il dossier contiene anche una anticipazione di uno studio condotto dalla Fondazione in collaborazione con lo European Institute on Economics and the Environment, che sarà presentato in versione integrale nel mese di novembre, che, sulla base di un approccio innovativo basato su migliaia di osservazioni climatiche ed economiche, stima per l’Italia una perdita progressiva di Pil fino all’8% nella seconda metà del secolo: ai valori attuali un danno di circa 130 miliardi di euro ogni anno.

Gli stessi autori avvertono, peraltro, che tale dato potrebbe essere anche sensibilmente sottostimato a causa, ad esempio, dell’aumento degli eventi catastrofici legati al clima. Grazie alla disponibilità di dati ad alta risoluzione spaziale e all’approccio innovativo adottato, lo studio ha potuto valutare anche in che modo il riscaldamento terrestre potrà incidere sulle diverse aree del Paese, scoprendo che questo avrebbe anche effetti drammatici anche in termini di coesione sociale e territoriale: analizzando l’andamento della distribuzione delle ricchezze, lo studio stima un aumento del 60% della disuguaglianza regionale in Italia.

Secondo i dati riportati nel dossier, il cambiamento climatico rappresenta, tuttavia, già oggi una seria minaccia alle opportunità di uno sviluppo economico sano ed inclusivo, tanto da essere stato messo in testa nella top 5 dei rischi globali per l’economia stilata dal World Economic Forum. Munich Re stima in 160 miliardi di dollari i danni all’economia mondiale da disastri naturali nel 2018, per almeno l’80% direttamente riconducibili a eventi meteorologici e climatici. L’Agenzia europea conferma che l’Italia è il Paese più colpito in Europa dal cambiamento climatico, con danni stimati in oltre 65 miliardi di euro e più di 20 mila vittime tra il 1980 e il 2017.

Agire subito e con forza per arrestare la crisi climatica, come evidenzia il dossier, non è solo frutto di un ragionamento difensivo, volto a limitare possibili futuri danni all’economia e la società. Ma questa necessità deriva anche dalla constatazione che incamminarsi sulla strada di un Green new deal significhi anche promuovere un reale progresso sociale, con una migliore qualità della vita e una maggiore inclusione, e una economia prospera e in grado di generare nuovo benessere e occupazione, non solo sul lungo periodo ma anche a breve termine.

Per questo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con l’istituto di ricerche economiche Cles, ha presentato uno studio per valutare gli effetti sull’economia e sull’occupazione che un green new deal allineato con gli impegni sul clima di Parigi avrebbe in Italia nei prossimi cinque anni, al 2025. La crescita prevista per le fonti rinnovabili, con quelle elettriche che dovrebbero passare dal 35% al 50% della produzione nazionale e con aumenti molto significativi anche di quelle termiche e del biometano per i trasporti, in cinque anni arriverebbe ad attivare investimenti per 105 miliardi di euro, generando un valore aggiunto di oltre 115 miliardi di euro e oltre 310 mila occupati.

Un piano ambizioso di riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato secondo i criteri della c.d. deep renovation, che prevede tagli del fabbisogno energetico di almeno il 50-60% su edifici esistenti, potrebbe portare a ristrutturare oltre 35 milioni di m2 ogni anno attivando 20 miliardi di euro di investimenti e generando un valore aggiunto di 23 miliardi e 130 mila unità di lavoro, sempre in cinque anni. Aggiungendo a queste misure dirette per il clima anche quelle per la circular economy, per la rigenerazione urbana in chiave green city e per la mobilità sostenibile, tutte con impatti positivi anche in termini di lotta al cambiamento climatico, secondo lo studio grazie a un green new deal nel 2025 si arriverebbe ad attivare in Italia investimenti annui di 190 miliardi di euro con oltre 240 miliardi di valore aggiunto generato e quasi 800 mila occupati.

Il dossier analizza e illustra anche i trend energetici e climatici mondiali e nazionali, dandone una lettura articolata ma al tempo stesso comprensibile anche per i non addetti ai lavori. A fronte di tutti i dati esposti in precedenza, le emissioni globali di gas serra continuano a crescere e proseguendo di questo passo la temperatura media globale potrebbe salire anche di 4 °C rispetto al periodo pre-industriale, ben al di sopra della soglia di 1,5 °C indicata nell’Accordo di Parigi.

Il dossier analizza le cause di questo fallimento, evidenziando tra le altre la difficoltà nell’uscire da un sistema economico basato in prevalenza sui combustibili fossili, che ancora oggi soddisfano nel mondo l’80% del fabbisogno energetico e, nonostante la crescita delle rinnovabili in particolare del settore elettrico, difficilmente scenderanno come testimonia l’aumento della domanda globale che nel solo 2018 è stata soddisfatta per il 70% ancora da combustibili fossili. Questo ben si combina con un altro dato inquietante: i sussidi che ancora oggi vengono erogati nel mondo in favore delle fonti fossili nel 2018 hanno raggiunto i 426 miliardi di dollari, crescendo del 50% in appena un triennio.

Purtroppo anche in Italia, nonostante i proclami, le cose non vanno meglio neppure in Italia. Dopo aver tagliato le emissioni di gas serra del 25% in appena un decennio, tra il 2005 e il 2014 (ovviamente anche a causa della crisi economica, ma certamente non solo), da allora in Italia il processo di decarbonizzazione si è arrestato e siamo rimasti praticamente fermi a 426 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. E le stime preliminari 2019 mostrano un quadro ancora più preoccupante, con le emissioni in crescita nel primo semestre nonostante una crescita del Pil negativa. Anche in questo caso nel dossier si analizzano le cause di questa situazione, evidenziando i rallentamenti registrati in questi anni proprio sulla crescita delle fonti rinnovabili come sui miglioramenti dell’efficienza energetica. Oltre a questo, come ci ha ricordato il dibattito recente sul c.d. Decreto Clima, nel 2017 sono ancora 16,8 i miliardi di euro destinati in Italia al sostegno dei combustibili fossili.

Vedi Articolo uscito sul Corriere della Sera

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