5 Aprile 2022

IPCC: “Ora o mai più” contro la crisi climatica (ma possiamo farcela)

(di Chiara Montanini, Project Manager di Italy for Climate)

Il mondo non è in rotta con l’obiettivo di 1,5 °C e contrastare la crisi climatica diventerà presto impossibile, se non tagliamo profondamente ed urgentemente le emissioni. Ma c’è una buona notizia: nell’ultimo decennio sono avvenuti progressi importanti e gli strumenti, i finanziamenti e le tecnologie che ci servono per riuscirci sono già tutti a portata di mano. Dobbiamo “solo” metterli in pratica, e farlo in fretta.

È appena uscito il nuovo Rapporto dell’IPCC “Climate Change 2022. Mitigation of Climate Change”, che raccoglie le evidenze scientifiche più ampie, condivise e aggiornate a livello globale su quanto e come dovremmo mitigare i cambiamenti climatici, cioè ridurre le emissioni di gas serra e riuscire per limitare il riscaldamento globale.

Si tratta in realtà del terzo capitolo del lavoro di ricognizione che l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change, l’organo tecnico delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico) svolge ogni sette anni per fare il punto sulla nostra conoscenza sul tema. I primi due capitoli, usciti negli scorsi mesi, hanno aggiornato le evidenze scientifiche sulla fisica dei cambiamenti climatici e quelle sugli impatti e sulla nostra vulnerabilità al cambiamento climatico. Questo terzo e ultimo capitolo, dedicato alla mitigazione climatica, è sicuramente quello più rilevante dal punto di vista politico, economico e strategico, perché fornisce un indirizzo di quello che le politiche nazionali e internazionali dovrebbero realizzare per contenere la crisi climatica in corso.

Questo ultimo aggiornamento conferma in larga parte quanto già condiviso dalla comunità scientifica negli ultimi anni, e in particolare dal 2018 quando la stessa IPCC era stata incaricata di identificare, in uno Special Report dedicato, la traiettoria delle emissioni necessaria a raggiungere i nuovi obiettivi sanciti dall’Accordo di Parigi. Ma siccome nel frattempo le azioni di mitigazione messe in campo dai Governi sono state troppo blande (e le emissioni hanno continuato a crescere), gli obiettivi di medio e lungo termine sono rimasti più o meno gli stessi ma ben più stretta è diventata la finestra per poterli raggiungere.

“Ora o mai più” è il primo messaggio chiave della comunità scientifica
centrale elettrica

Foto di catazul da Pixabay

Il Rapporto sottolinea che nell’ultimo decennio (2010-2019) le emissioni sono cresciute sempre in modo significativo e hanno raggiunto dei livelli mai registrati prima, anche se la crescita è avvenuta a ritmi inferiori rispetto al passato. E introduce per questo un nuovo target di brevissimo periodo: sia che vogliamo mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5°C, sia che vogliamo spingerci fino ai 2°C, le emissioni dovranno assolutamente raggiungere il loro livello massimo (il cd. “peak year”) prima del 2025. Dopo questo anno dovranno per forza ridursi, e questo significa che abbiamo meno di 3 anni per realizzare definitivamente una inversione di rotta. Se non ne saremo capaci, e proseguiremo sulla timida strada intrapresa fino ad oggi, a fine secolo il riscaldamento globale raggiungerà i 3,2 °C e il mondo non sarà più quello che conosciamo.

Dopo il 2025, le tappe di mitigazione indicate dagli esperti dell’IPCC prevedono una riduzione delle emissioni mondiali di gas serra entro il 2030 del 43% (rispetto al 2019), e la neutralità climatica (ovvero zero emissioni al netto degli assorbimenti) intorno al 2050. Si tratta di una traiettoria in linea con le precedenti indicazioni dello Special Report, che però faceva riferimento ad una baseline diversa (il 2010) ed inizialmente non considerava a tutti i gas serra ma solo la CO2.

“Abbiamo tutto quello che serve per farcela” è il secondo messaggio chiave

L’IPCC ci ricorda quanto, soprattutto nell’ultimo decennio, sia cresciuta la nostra conoscenza e consapevolezza della crisi climatica, e di conseguenza anche le iniziative pubbliche e private per contrastarla. Il progresso tecnologico, in particolare, ha raggiunto traguardi impensabili fino a pochi anni fa e oggi molte tecnologie a basse emissioni sono diventate competitive e possono essere diffuse su larga scala. L’esempio più evidente è senza dubbio rappresentato dalle fonti rinnovabili del settore elettrico, in particolare eolico e fotovoltaico. In generale, secondo gli esperti dell’ONU, tutti i settori hanno già a disposizione le conoscenze, gli strumenti e le tecnologie per poter ridurre significativamente le loro emissioni e raggiungere le tappe previste per questo decennio.

Non è più come dieci anni fa, quando sapevamo di dover decarbonizzare le nostre economie ma non sapevamo come, oppure avevamo già le soluzioni giuste ma erano ancora molto costose o complicate da riprodurre su vasta scala. Oggi conosciamo (e in molti casi già mettiamo in pratica) tutte le soluzioni di cui abbiamo bisogno nel breve e medio termine: per mitigare le emissioni prodotte nelle nostre città, grazie alla rigenerazione urbana, alla riqualificazione degli edifici e alla mobilità dolce; per ridurre le emissioni dei trasporti grazie ai nuovi modelli di mobilità e ai veicoli elettrici; per contenere gli impatti dei processi produttivi, puntando sull’economia circolare e sul riutilizzo delle risorse. E via dicendo.

Per mitigare la crisi climatica serve volontà politica e trasformazione sociale
bici città

Foto di Picography da Pixabay

Per molte di queste aree di intervento abbiamo anche già un’idea del reale impatto in termini di riduzione delle emissioni, e dunque dell’ordine di priorità e di grandezza con cui dovremmo metterle in campo. Secondo l’IPCC, il contributo maggiore potrebbe arrivare proprio dagli edifici (in particolare dalla conversione degli usi energetici), e più in generale, per quanto riguarda la trasformazione dal lato della domanda, ovvero tutte le emissioni dirette e indirette che derivano dalle nostre scelte di vita e dai beni che consumiamo: l’adozione di tecnologie pulite già oggi disponibili, insieme ad un significativo miglioramento delle nostre abitudini di consumo in casa e fuori casa, per muoverci, per viaggiare, per l’alimentazione, possono ridurre insieme già fra il 40% e il 70% di tutte le emissioni che dovremmo tagliare per raggiungere la neutralità climatica entro metà secolo.

L’IPCC sembra aver voluto caratterizzare questo Report proprio introducendo un approccio possibilista: mentre il precedente capitolo sulla vulnerabilità evidenziava i numerosi nodi ancora da sciogliere per una equa ed efficace capacità di adattamento alla crisi climatica, questo capitolo sottolinea come il problema della mitigazione oggi non siano più le soluzioni, ma la volontà politica, sociale ed economica di implementarle su vasta scala e in fretta. E non è neanche una questione di investimenti: dobbiamo aumentare di almeno 3 volte gli attuali investimenti nelle tecnologie pulite, ma secondo gli esperti dell’ONU, tutte le risorse necessarie sono già oggi disponibili sul mercato per essere allocate in questa direzione, se supportate da un adeguato framework politico e finanziario.

Manca una deadline chiara al taglio dei combustibili fossili e dei loro sussidi

Ciò su cui invece l’IPCC non sottolinea a sufficienza è il contributo del taglio ai combustibili fossili: se ne parla ripetutamente e i numeri indicati dallo scenario IPCC sul taglio delle emissioni “indirette” (che fanno riferimento alle emissioni della produzione energetica) non lasciano dubbi. Ma non ci sono indicazioni chiare, né deadline, sulla necessità di interrompere gli investimenti in nuovi impianti di generazione elettrica da combustibili fossili (se non supportati dalle tecnologie di cattura della CO2, che ancora non esistono su vasta scala) e sulla necessità di eliminare al più presto i sussidi ai combustibili fossili. Queste indicazioni erano peraltro già emerse qualche mese fa, quando l’Agenzia internazionale per l’energia ha presentato la prima Roadmap per un settore energetico compatibile con la neutralità climatica. C’è però un passaggio rilevante su questo tema: il Report IPCC afferma che ad oggi le infrastrutture dedicate ai combustibili fossili (esistenti e programmate) in assenza di ulteriori interventi di riduzione delle emissioni, esauriscono completamente il carbon budget a nostra disposizione e, se utilizzate, ci porterebbero a superare sicuramente il limite di +1,5°C.

Sappiamo che i messaggi chiave contenuti nelle 40 pagine di sintesi per i decisori politici (che contengono i messaggi chiave della ricognizione scientifica) sono frutto di un compromesso anche politico che subentra negli ultimi passaggi di approvazione del documento da parte dell’IPCC, quello stesso compromesso politico che gli esperti dell’ONU hanno spesso denunciato come il principale ostacolo alla trasformazione delle nostre economie verso la neutralità climatica.

La strada è dunque ancora lunga, ma il tempo di agire è ora. Con queste nuove e ampie conferme della comunità scientifica anche i più scettici dovranno convincersi: la transizione verso un’economia climaticamente neutrale è davvero a portata di mano, e a guadagnarci non sarà solo il riscaldamento globale ma anche la nostra salute e la certezza di un prospero futuro.

 

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