4 Aprile 2024
Italia e neutralità climatica: arriva CIRO
DI CHIARA MONTANINI, PUBBLICATO ORIGINARIAMENTE SU THE MAP REPORT
Le Regioni giocano un ruolo fondamentale, ancora troppo sottovalutato, nella lotta al cambiamento climatico e nell’implementazione delle politiche sulla transizione energetica. CIRO è il primo database che monitora e confronta le performance delle regioni italiane su questi temi, con l’auspicio che possano diventare rilevanti anche in queste tornate elettorali del 2024.
Il 2024 si conferma un anno di particolare fervore elettorale. Oltre alle delicate elezioni europee di giugno, anche 5 Regioni italiane vanno al voto quest’anno: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Due di queste, Sardegna e Abruzzo, hanno già chiuso i giochi: la prima ha già fatto molto parlare di sé, con Alessandra Todde che è riuscita a ribaltare la maggioranza dell’amministrazione regionale; mentre la seconda, l’Abruzzo, ha confermato il Governatore uscente Marco Marsilio. In molti votano o guardano alle elezioni amministrative con un’ottica di mero termometro del gradimento politico, quando in realtà la posta in gioco sarebbe ben più alta. Ancora troppo spesso l’opinione pubblica e noi tutti elettori sottovalutiamo il ruolo decisivo dei governi regionali nel definire il futuro economico, sociale e ambientale dei nostri territori e del Paese. Questo vale per i temi ben noti, come la sanità pubblica o l’istruzione, ma vale altrettanto anche per temi meno risaputi come le politiche ambientali e le misure di contrasto al cambiamento climatico.
Ed è proprio sulla sfida climatica che le regioni italiane giocano un ruolo fondamentale, anche se ancora troppo tralasciato. Lo sanno bene gli operatori delle energie rinnovabili, che da anni si scontrano con le Soprintendenze e le giunte regionali per superare moratorie e snellire le procedure autorizzative per installare pale eoliche e pannelli. Ma lo stesso potremmo dire per il ruolo che gli enti regionali ricoprono nella gestione di grandi impianti industriali, della mobilità interurbana, del patrimonio forestale, delle politiche agricole.
Finché le amministrazioni regionali non saranno adeguatamente coinvolte nella lotta al cambiamento climatico per l’Italia sarà pressoché impossibile raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo, quelli climatici. E siccome non possiamo gestire ciò che non misuriamo, come Italy for Climate (centro studi sul clima della Fondazione per lo sviluppo sostenibile) sono alcuni anni che monitoriamo le performance delle regioni italiane su questi temi. Ed è proprio così che è nato CIRO (Climate Indicators for Italian RegiOns), il primo database per guidare le regioni verso la neutralità climatica, realizzato da Italy for Climate in collaborazione con ISPRA. Il database include, regione per regione, 26 indicatori raccolti in 8 macrotemi (emissioni, energia, rinnovabili, edifici, industria, trasporti, agricoltura, vulnerabilità).
Molti di questi indicatori, grazie al supporto di ISPRA, sono inediti (cioè mai pubblicati prima) e li abbiamo costruiti per mettere insieme un quadro quanto più possibile aggiornato e completo. Le informazioni su temi ambientali a livello regionale sono solitamente molto frammentarie, datate e spesso difficili da confrontare: anche per questo il database è stato incluso nel SISTAN (il sistema che raccoglie le statiche ufficiali nazionali).
E allora cosa scopriamo dal database CIRO? Che alcune note eccellenze delle fonti rinnovabili, fra cui la Valle d’Aosta (grazie al prezioso e storico contributo dell’idroelettrico) o la Toscana (specialista della produzione geotermoelettrica, un’eccellenza a livello europeo e mondiale), non possono sedersi sugli allori e permettersi di rallentare la crescita delle fonti rinnovabili più “moderne”, come eolico e fotovoltaico, su cui invece sono fanalino di coda in termini di nuovi impianti installati. Oppure che la crescita delle auto elettriche, purtroppo ancora molto lenta in Italia, non può e non deve essere appannaggio delle regioni più ricche, e allora ben venga la buona performance registrata nel 2022 dell’Abruzzo (anche se resta un caso isolato).
Nel database troviamo alcune conferme, ad esempio riguardo l’agricoltura sostenibile su cui eccellono molte regioni del sud, come Puglia e Calabria. Oppure il ruolo decisivo che la presenza o meno del carbone (la fonte più inquinante anche in termini di gas climalteranti) gioca sui risultati in termini di emissioni. Da una parte troviamo la Liguria, che le ha ridotte del 65% in trent’anni proprio grazie alla riconversione di una grossa centrale termoelettrica a carbone, e dall’altra la Sardegna, che si conferma maglia nera con ben 11 tonnellate di gas serra pro capite (contro una media nazionale di 7), a causa di un percorso di transizione energetica ancora molto complicato, su cui la neogovernatrice Todde ci auspichiamo potrà dimostrare decisione e lungimiranza.
Ma CIRO ci riserva anche alcune sorprese, come il tasso di elettrificazione record dell’industria marchigiana (arrivata addirittura al 60%, contro una media nazionale pari a 42%), oppure le ottime emissioni del settore manifatturiero in Campania, rapportate al valore aggiunto. In entrambi i casi si tratta di indicatori probabilmente influenzati dalla composizione delle filiere produttive, meno energivore rispetto ad altre regioni; ciò non toglie che performance così positive debbano essere approfondite per comprendere meglio quanto e come questi aspetti stanno impattando sul percorso generale verso la neutralità climatica e come posso ispirare gli altri territori a fare altrettanto.
Conoscere e confrontare le performance regionali, tra eccellenze da premiare e prestazioni decisamente migliorabili, è il primo passo per responsabilizzarle e accelerare il loro contributo nel difficile ma imprescindibile percorso verso le zero emissioni. Il secondo passo, poi, dovrebbe essere quello di ricordarsene quando ci troviamo in cabina elettorale.