22 Novembre 2024

Roberta Boscolo (WMO): “Un anno a +1,5 gradi, ma la sfida climatica può ancora essere vinta”

🌐 𝘪𝘯𝘴𝘪𝘨𝘩𝘵𝘊𝘖𝘗29 è la nostra iniziativa per riportare e analizzare le prospettive e le aspettative derivanti dai lavori attualmente in corso durante questi giorni di COP.
DI ANDREA BARBABELLA, PUBBLICATO ORIGINARIAMENTE SU HUFF POST

Siamo arrivati alla COP29 di Baku dopo un anno molto intenso sul fronte degli effetti della crisi climatica. Sono sempre di più quelli che dicono che la crisi climatica sta accelerando, ma è davvero così o è frutto di una errata percezione? Nell’ultimo report “I 10 key trend sul clima in Italia” Italy for Climate ha elaborato la serie storica degli eventi meteoclimatici estremi che hanno colpito l’Italia, sulla base dei dati pubblicati dalle European Severe Weather Database, scoprendo che dal 2018 al 2023 il numero di grandinate, piogge intense, tornado e raffiche di vento è passato da meno di mille a quasi 3.400 eventi all’anno. Ne abbiamo parlato con Roberta Boscolo, Climate and Energy Leader alla World Meteorlogical Organization (WMO), l’agenzia delle Nazioni Unite che ha proprio il compito, tra gli altri, di monitorare lo stato del clima nel mondo. La crisi climatica sta accelerando, secondo alcuni in modo addirittura imprevisto: è davvero così? cosa ci dicono i dati?

“Gli effetti del riscaldamento globale stanno accelerando e in alcuni casi in modo imprevisto, come nel caso dell’elevata temperatura raggiunta la scorsa estate nell’oceano Atlantico. I dati recenti parlano chiaro e indicano che la temperatura media globale nell’ultimo decennio è stata la più alta mai registrata, circa 1,2 °C sopra i livelli preindustriali. Inoltre, tra febbraio 2023 e gennaio 2024 abbiamo sperimentato per la prima volta un periodo di 12 mesi consecutivi con una temperatura media a +1,5 °C sopra i livelli preindustriali, anche a causa del fenomeno El Niño. Questi superamenti temporanei della soglia 1,5 °C, ovviamente, non significano che abbiamo già fallito gli obiettivi dell’accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento della temperatura a lungo termine. Tuttavia, sono segnali d’allarme che ci dicono che ci stiamo decisamente avvicinando a questo limite critico. Ogni frazione di grado conta, perchè ogni piccolo incremento di temperatura porta con sé un aumento dei rischi e degli impatti associati ai cambiamenti climatici. Registriamo già oggi un aumento della frequenza degli eventi meteorologi estremi che non solo causano danni ambientali, ma hanno anche gravi ripercussioni sulle comunità, sull’agricoltura e sull’economia globale.”

 

Siamo entrati in una fase storica caratterizzata da un diverso assetto del sistema climatico, fase che abbiamo chiamato di “nuova anormalità climatica permanente”. Nel 2023 abbiamo sfondato il tetto delle 420 parti per milione di CO2 in atmosfera: se guardiamo ai dati degli ultimi 800 mila anni non eravamo praticamente mai stati sopra quota 300 ppm. Abbiamo creato un progressivo squilibrio nel sistema climatico e accumulato enormi quantità di energia, non solo in atmosfera ma anche, anzi soprattutto, nel mare che ha accumulato circa il 90% di questo calore aggiuntivo. In questa fase, eventi che una volta potevamo considerare eccezionali ed estremi, per intensità e frequenza, oggi diventano eventi comuni con cui dobbiamo imparare a fare i conti. Nell’ultima edizione specificamente dedicata alla COP29 del report “State of the climate 2024”, WMO riporta una serie di record registrarti nel 2023, purtroppo per noi sempre negativi  , come i 1,2 metri di acqua equivalente perduta dai ghiacciai di tutto il mondo, pari a cinque volte quella contenuta nel Mar Morto, o la più grave siccità che ha colpito i fiumi di tutto il mondo almeno da trent’anni a questa parte. Ma cosa dobbiamo attenderci ancora e quali sono gli impatti più pericolosi del riscaldamento globale? E cosa dovremmo fare per difenderci?

“Il riscaldamento globale comporta numerosi impatti pericolosi che stiamo sperimentando già oggi e che potrebbero intensificarsi in futuro. Attualmente, ad esempio, assistiamo all’aumento della frequenza e dell’intensità di eventi meteorologici estremi come ondate di calore, siccità prolungate, incendi boschivi devastanti, piogge torrenziali e inondazioni. E questi fenomeni causano già oggi danni ingenti alle infrastrutture, all’agricoltura, alla biodiversità, oltre a mettere a rischio la salute e la sicurezza delle comunità umane. In futuro, se non interveniamo con urgenza, questi impatti potrebbero aumentare significativamente e potremmo dover affrontare l’innalzamento del mare che minaccerebbe le zone costiere e le isole causando migrazioni di massa e perdite di habitat naturali. Il cambiamento climatico potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare a causa dell’alterazione dei cicli agricoli e intensificare le diseguaglianze sociali ed economiche, colpendo in modo sproporzionato le popolazioni più vulnerabili e marginalizzate. Per difenderci da questi impatti è essenziale adottare strategie sia di mitigazione che di adattamento. Sul fronte della mitigazione è molto importante che i Governi presentino nuovi pini d’azione nazionali entro il 2025, come per l’Accordo di Parigi, e che questi siamo realmente allineati con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a +1,5 °C. Per quanto riguarda l’adattamento dobbiamo investire nello sviluppo di infrastrutture resistenti al clima, di sistemi di allerta precoce per eventi estremi, piani urbanistici che tengano in conto dei rischi climatici e soprattutto programmi di protezione delle risorse naturali. È anche importante che queste strategie siano giuste ed eque, rispettando i diritti umani e l’uguaglianza di genere, garantendo che nessuno venga lasciato indietro nel processo di transizione verso un futuro sostenibile. Infine, anche la cooperazione internazionale e la riforma dell’architettura finanziaria per il clima sono elementi chiave, al centro del dibattito della COP29. Dobbiamo, infatti, garantire che i paesi in via di sviluppo abbiano accesso ai finanziamenti necessari per attuare le loro strategie di mitigazione e di adattamento, attraverso il potenziamento del nuovo fondo per perdite e danni e la mobilitazione di risorse da fonti pubbliche o private per sostenere una transizione giusta ed efficace a livello globale.”

Certamente non basta un solo anno a +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale per poter dire di aver fallito l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ma sono sempre in più a dire che oramai la finestra del grado e mezzo si stia chiudendo. +1,5 °C è stata forse la principale novità della COP francese del 2015, fino a quel momento si era sempre parlato nei documenti ufficiali solo del +2 °C. Ma da dove viene questa nuova soglia e perché è così importante fare di tutto per non superarla?

“Secondo alcune analisi la soglia di +1,5 °C potrebbe essere superata a breve termine e questo solleva molte preoccupazioni. Superare questa soglia, infatti, comporterebbe un aumento dei rischi associati ai cambiamenti climatici inclusa la possibilità di poter innescare feedback auto-rinforzanti che potrebbero portare ad una ulteriore aumento del riscaldamento globale. Ad esempio, lo scioglimento del permafrost nelle regioni artiche potrebbe liberare grandi quantità di metano, un gas serra molto potente. Allo stesso modo, il collasso delle masse glaciali in Groenlandia e Antartide potrebbe portare a un innalzamento del livello del mare più rapido e imprevedibile, minacciando così le comunità costiere in tutto il mondo. Il mio parere è che, anche se la situazione è estremamente preoccupante, non è ancora troppo tardi per agire, ma dobbiamo assolutamente intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra, accelerando la transizione verso fonti di energia rinnovabile, e implementare strategie di adattamento efficaci. Dobbiamo anche investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie innovative che possano, per esempio, aiutare a rimuovere il carbonio nell’atmosfera. Dobbiamo considerare questo periodo come un campanello d’allarme per l’umanità, che ci deve spronare ad accelerare le nostre azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.”

Il WMO è l’organizzazione deputata a livello internazionale di sorvegliare lo stato del clima. Si tratta di una materia di grande complessità, e a questa complessità spesso si richiamano gli scettici del clima, vuoi per raccontare che il clima è sempre stato ballerino nel corso della storia e “ha già fatto così caldo”, vuoi per mettere in dubbio le stesse responsabilità dell’Uomo sul riscaldamento globale in corso. Cosa ci dice la scienza? Quanto sappiamo davvero e quanto anche non sappiamo ancora abbastanza sulla trasformazione del clima globale?

“Il ruolo della scienza e le evidenze scientifiche sono fondamentali, specie in un materia complessa come quella del clima. L’organizzazione mondiale della meteorologia ha un ruolo essenziale nel monitorare lo stato del clima a livello globale, raccogliendo dati e fornendo analisi che ci aiutano sempre di più a comprendere le dinamiche climatiche planetarie. E, nonostante la complessità intrinseca del sistema climatico, oggi possiamo dire di sapere molto grazie a decenni di ricerca e approfondimenti scientifici. Abbiamo una comprensione chiara di come le attività umane, e in particolare le emissioni di gas serra derivanti dall’uso di combustibili fossili così come la deforestazione e l’agricoltura intensiva, stiano influenzando il clima terrestre. I modelli climatici che utilizziamo sono sempre più precisi e ci permettono di prevedere gli scenari futuri e anche di capire come evolverà il clima proprio alla base delle azioni che intraprendiamo oggi. Detto questo, ci sono ovviamente ancora degli aspetti che non comprendiamo appieno, come le specifiche interazioni nei feedback climatici o le entità di alcuni impatti locali. Ma queste incertezze non diminuiscono la gravità della situazione, al contrario, sottolineano l’urgenza di agire con determinazione. Il consenso scientifico sulla esistenza della crisi climatica e sulla responsabilità dell’uomo è veramente schiacciante e le numerose evidenze raccolte dagli scienziati di tutto il mondo confermano che il clima sta cambiando e che le attività umane ne sono la causa principale. Ignorare questi fatti non cambia la realtà ma rischia di rimandare l’azione. La crisi climatica non è una opinione ma è una realtà scientifica, supportata da miriadi di dati e osservazioni puntuali, ed è responsabilità di ognuno di noi quella di contribuire a proteggere il pianeta per le generazioni presenti e future.”

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